Parigi – Quasi mezzo seocolo fa Yves Klein organizzò quella che fu certamente la prima mostra senza opere della storia. Nel 1958 infatti, nella galleria Iris Clert non c’era assolutamente niente da vedere salvo che delle pareti vuote. Per festeggiare l’anniversario di tale evento il centro Pompidou di Parigi ha organizzato dal 25 febbraio al 23 Marzo 2009 una grande mostra dal titolo Voids: A Retrospective esibendo 50 anni di mostre senza opere che da settembre si sposterà al Kunsthalle Bern, di Berna in Svizzera. La mostra alquanto controversa non fa altro che alimentare una serie di domande: Quali sono i limiti di una mostra? Quale è l’esatta definizione del termine mostra? Quale ruolo ricopre il museo o la galleria che la ospita? E parlando degli spettatori, possono essere considerati essi stessi la mostra?
In più l’evento al centro Pompidou fa sorgere un altro quesito: tali eventi così effimeri possono essere ricreati con successo?
Fatto sta che l’idea di creare una mostra senza opere rappresenta comunque un limite estremo oltre il quale è molto difficile andare.
Nel 2001 Kunsthalle Bern ospitò una mostra senza opere di Maria Eichhorn. L’artista spese il budget della sua mostra per completare i lavori di restauro del Kunsthalle che rimase così completamente vuoto per tutta la durata della mostra. In tale periodo il museo perse però molti soldi dell’incasso a causa delle pochissime visite e l’evento fu attaccato dai media.
Senza andar troppo indietro nel tempo, nel 2005 la Romania alla 51esima biennale di Venezia presentò nel suo padiglione l’opera European Influenza di Daniel Knorr. Per l’occasione l’artista rumeno lasciò le pareti del padiglione completamente vuote con solo le rare tracce del precedente allestimento.
Insomma quale è il senso ultimo di una mostra senza opere? Forse una sperimentazione alla John Cage inutile e oramai alquanto datata? Oppure una forma di riflessione sull’arte e i suoi meccanismi? O infine semplicemente una trovata pubblicitaria?
A voi l’ultima parola.