L’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric Mitterrand, presenta al pubblico I won’t let you die, una mostra all’artista egiziano Youssef Nabil, a cura di Francesca Fabiani su progetto di Guido Schlinkert, allestita presso l’Atelier del Bosco di Villa Medici che sarà visitabile fino al 24 maggio 2009.
Per la sua prima mostra in Italia, Youssef Nabil (nato al Cairo nel 1972 e attualmente residente tra Parigi e New York) propone una serie di cinquanta opere circa (stampe fotografiche alla gelatina d’argento ritoccate ad acquarello) realizzate tra il 1992 e il 2007. Ritratti, abiti, oggetti e soprattutto autoritratti compongono, come tessere di un mosaico, una sorta di diario del giovane artista.
Youssef Nabil sembra intento ad appropriarsi della vita e del suo ‘lapsus’, la morte, attraverso lo scatto fotografico, colorando in seguito a mano le sue immagini in bianco e nero. La sua ispirazione sono le fotografie di scena dei film egiziani della sua infanzia.
Quest’approccio artigianale, questo passo tecnico all’indietro rispetto alle consuetudini postmoderne delle perfette manipolazioni digitali, può risultare nostalgico, ma dà invece l’idea di essere calcolato per farci entrare consapevolmente nel suo regno del gioco, nell’anarchia del sogno a occhi aperti. Nonostante il titolo della mostra, il lavoro di Nabil ci indica come le favole di immortalità siano “cucite con il filo bianco”.
Nella serie dei ritratti ritroviamo volti noti non solo del cinema, ma anche del mondo dell’arte, della musica, dell’architettura, della letteratura come Naghib Mahfuz, Shirin Neshat, Marina Abramovic, Zaha Hadid, Gilbert & George, David Lynch e Tracey Emin.
Con gli autoritratti, la mostra presenta un altro tema centrale nell’opera di Nabil. Un autoritratto inteso come possibilità di guardare se stessi agire nel mondo, ma non solo. Nella varietà dei paesaggi che fanno da sfondo (Beverly Hills, Hollywood, Parigi, Los Angeles, Firenze, Madrid, la Sardegna…) si percepisce la riflessione sul senso di una vita dislocata, che crea una condizione di smarrimento ed estraneità, ma che è allo stesso tempo necessaria per l’artista.
Photo Copyright: Youssef Nabil