Martedì 26 maggio la galleria milanese Francesca Kaufmann ha inaugurato una nuova mostra personale di Pierpaolo Campanini. La pratica artistica di Campanini trova la sua origine in ibride composizioni scultoree, in oggetti ritrovati e assemblati in equilibri precari.
Le sue sculture resistono all’individuazione semantica, sono strutture fini a sé stesse; eppure divergono dall’opera disinteressata modernista, non ricercano alcun nucleo di purezza né hanno pretese di autonomia. Sono composti effimeri, destinati a perdersi, sopravvivono unicamente come traccia nella resa pittorica. La pittura di Campanini svolge rispetto alla scultura un ruolo paragonabile all’indice semiotico: esiste un rapporto di contiguità tra i due termini ma non di identità.
La pratica pittorica è interpretata infatti come procedimento impersonale, che introduce una distanza tra l’artista e la scultura. La nozione di indice era stata esplorata a fondo da Marcel Duchamp, che in essa aveva visto la possibilità di indagare il rapporto tra casualità e predeterminazione presente nella genesi dell’opera. E’ ciò che interessa anche a Campanini: la pittura non è uno strumento per appropriarsi intimamente dell’oggetto, ma è invece una pratica di distanziamento, che segna una lontananza tra l’autore e ciò che è ritratto.
Il procedimento tecnico è il mezzo che permette all’assemblaggio scultoreo di risultare estraneo e per questo di riproporsi come semplice presenza tangibile che viene ritrovata dall’artista. Le sculture acquistano così un’autonomia rispetto all’idea e al progetto dell’artista, in modo da presentarsi come scoperte. Nei suoi ultimi lavori Campanini ricorre alla grafite e al bianco e nero, procedimento che crea un’ulteriore distanza tra l’autore e il soggetto pittorico. Le sue sculture non sono più sospese in un neutro sfondo atemporale, ma sono immerse nella vegetazione, a sottolineare come tra la nascita di una forma e il germinare della vegetazione non esista molta differenza, in quanto entrambe seguono procedimenti sia predeterminati che casuali. Le sue fragili composizioni acquistano quindi quella qualità di anonimato rispetto all’autore che permette loro di riconfigurarsi come un’ipotesi di esistenza abitudinaria, scontata, negli assolati esterni in cui sono immerse.
Photo Copyright: Pierpaolo Campanini