Dal 26 giugno al 2 luglio il MOMA di New York esporrà sette film del filmaker mauritano Abderrahmane Sissako classe 1961. L’acclamato regista da diversi anni crea lungometraggi poetici che indagano sulla contemporaneità dell’Africa tentando di riconnettersi alla cultura ed al passato di una nazione dai mille problemi e dalle mille sfaccettature.
Lo stile unico di Sissako trae linfa da allegorie sulla sua vita e sulle sue esperienze personali esplorando il dramma, l’identità e gli effetti del colonialismo sulla cultura e sull’economia africana. Sissako ha un suo stile nomadico: i film da lui firmati riprendono il flusso di infiniti spostamenti delle genti africane, sono attimi dilatati dal viaggio che decretano i confini sterminati entro i quali si compone la migrazione, finendo con il creare traiettorie che l’apparentano alla land-art.
Egli non è un geografo, piuttosto un visionario che riesce a cogliere comunanze tra popoli e aree diversissime secondo parametri che si possono ricondurre alle teorie marxiane, abbinate al viaggio sempre di formazione, dove persone e luoghi hanno la stessa valenza narrativa; ed entrambi sono funzionali ad un percorso mentale volto al recupero della memoria, innanzitutto quella coloniale e sottolineando i residui venefici lasciati dagli europei.
Tra le opere presenti in mostra il film Le Jeu del 1990, primo film del regista ed October del 1992 che racconta la storia di due amanti russi in lotta contro la fine del proprio rapporto sullo sfondo di una Mosca notturna. Tra le opere recenti presenti in mostra citiamo Bamako del 2006 e Waiting for Happiness del 2002. Il regista sarà inoltre presente, in via del tutto eccezionale vista la sua avversione alle apparizioni pubbliche, alle prime due notti di proiezione e parteciperà ad una discussione sui suoi ultimi films.
Photo Copyright: Antoine Tempè, Abderrahmane Sissako