Abraham Zapruder usò una bobina di Kodachrome caricata nella sua cinepresa 8 millimetri per filmare una scena che nel corso della nostra vita tutti noi abbiamo visto almeno per una volta, l’assassinio del presidente John F. Kennedy.
Anche il famoso fotografo Steve McCurry usò un rullino Kodachrome per il suo ritratto di ragazza Afghana che oltre a guadagnarsi la copertina del National Geographic nel 1985 divenne celebre almeno quanto la foto del miliziano morente durante la guerra civile spagnola del 1936 scattata da Robert Capa.
E che dire delle centinaia di migliaia di artisti contemporanei e milioni di persone in tutto il mondo che hanno utilizzato il famoso rullino per immortalare sequenze artistiche o solamente fotogrammi di un viaggio di piacere. Oggi tutto questo si perderà con la velocità di uno scatto fotografico perchè la Eastman Kodak Co. ha da pochi giorni annunciato che la sua più famosa pellicola, la Kodachrome appunto, cesserà di essere prodotta a breve.
La Kodachrome nacque nel lontano 1935, da quel giorno i suoi vibranti ed intensi colori hanno letteralmente dominato il mercato raggiungendo ogni parte del globo.
Dopo 74 anni di onorata carriera la Kodak, come successo ultimamente alla Polaroid per le sue intramontabili pellicole istantanee, manda in pensione la sua emulsione più raffinata a causa delle scarse vendite che rappresentano l’1 per cento di tutto il fatturato della famosa industria.
Ebbene si, il mercato del digitale ha letteralmente vinto la battaglia della fotografia contemporanea tagliando le gambe a centinaia di varietà di pellicole e ad un esercito di laboratori di sviluppo. L’unica nota positiva è che la fine della pellicola Kodachrome rappresenta un notevole guadagno per l’ambiente poichè gli acidi usati per sviluppo e la chimica impiegata nella produzione rappresentano una notevole fonte di inquinamento.
Per cui da oggi artisti e fotografi per diletto faranno a meno della loro pellicola preferita ma potranno sempre tentare di riprodurne la ricchezza di toni con Photoshop.
Photo Copyright: Steve McCurry e National Geographic.