Il 30 settembre si inaugura il nuovo spazio romano di Furini Arte Contemporanea con una mostra personale di Marlon De Azambuja (nato nel 1978 a Santo Antônio da Patrulha – Brasile, vive e lavora a Madrid), artista brasiliano che intende stabilire un nesso poetico con il Movimento Concreto che è stato la più importante tendenza culturale in Brasile in arte, letteratura, musica e architettura, basata sull’idea del “concreto in movimento”, che racchiude in sé la sintesi di un’identità complessa e aperta dove l’ambiente è protagonista ed è inteso sia come luogo psicologico che fisico.
In questa sua prima personale italiana curata da Antonio Arèvalo, Marlon utilizza dei raggruppamenti di lavori che dialogano, ma che allo stesso tempo sono diversi fra loro, in quanto ritiene indispensabile la complessità di approfondimento per poter capire l’origine della ricerca. In questo senso si parla del lavoro di un artista brasiliano, come brasiliana è l’utopica Brasilia costruita da Niemayer, è la Poesia Concreta, lo sono da Lygia Clark a Helio Oiticica, da Lygia Pape a Cildo Meireles, da Tunga a Miguel Rio Branco.Vediamo un lungo tavolo dove sono appoggiate diverse strutture simili di edifici di misura variabile, con una base semi rotonda. L’idea principale è di presentare una specie di Skyline dinamico, dove il fruitore possa toccare e muovere, ma che nonostante questo gli edifici mantengano quella posizione eretta, verticale, indelebile. Insieme a quest’opera ci sono dei video registrati nella Avenida Paolista, a São Paolo in Brasile, dove si vedono degli edifici, anzi le loro punte verso il cielo, e un movimento della camera crea quasi un effetto “concreto” di penetrazione. Questo è stato anche un modo ironico per sfatare certe forme, in qualche maniera falliche, e certe teorie sulle costruzioni orizzontali.
In mostra anche una versione dei lavori Metaesquema nella città di Roma. I Metasesquema, che si può tradurre in ‘schema degli schemi’, sono lavori che si legano strettamente al tessuto sociale e all’ambiente, stabilendo in questo modo ‘relazioni percettivo-strutturali’ tra l’opera e il contesto in cui essa si muove. Egli fotografa oggetti della strada, per poi disegnare su di essi forme geometriche. Col tempo può succedere che l’immagine impressa perda il proprio colore naturale, ma la struttura rimarrà permanentemente. Si tratta di una personale lettura della città utilizzando elementi di strada, tombini, ecc., ma l’intenzione è comunque la manipolazione dell’espressione che conduce a un riaggiustamento del contenuto che potrebbe definire il cambiamento del codice abituale attraverso l’uso estetico del segno di un linguaggio.
Da tre anni Marlon De Azambuja va sottolineando lo spazio urbano con nastro adesivo, con la finalità di evidenziare o, meglio ancora, di scoprire aspetti che ci sono sempre stati, ma che noi non abbiamo affatto immaginato, con un risultato di peculiare crudezza dove non c’è spazio per aspetti secondari. Marlon De Azambuja fa parte della memoria di una cultura costruttiva, che trova il suoi precedenti nel concretismo brasiliano, e si intreccia con l’erotismo che deriva da una sensibilità tropicale. Ci indica inoltre che esistono degli interstizi carichi di mobilità attraverso cui fare transitare il linguaggio, per portarlo verso nuovi accessi espressivi.