Venerdì 20 Novembre 2009 si inaugurerà la mostra Across, progetto espositivo ideato dalla galleria Ingresso Pericoloso di Roma con il patrocinio dell’ Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, invitando gli artisti Gavino Ganau, Silvia Giambrone, Ernesto Morales, Roberto Pinetti, Pablo Rubio, Chiara Scarfò, Alessandro Vicario ed Emiliano Zelada a riflettere sull’insieme dei significati storici, culturali e concettuali del Muro di Berlino a distanza di 20 anni dalla sua caduta.
La definizione di una semplice linea, tracciata fisicamente o simbolicamente, retta o curva, nitida o nebulosa, frammentata o infinita, caratterizza gran parte della nostra storia recente. Delimitando un confine non solo si può stabilire una differenza, una separazione o un contrasto di qualunque natura, ma diventa anche facile inserire una polarità che diviene gradualmente insita nell’immaginario collettivo, istigando a cadere in un dualismo che vieta, cela o nasconde una comprensione più articolata della realtà. La tragedia contemporanea si fonda su questa imposizione di paradigmi dialettici, di limiti o di confini che vengono definiti e la cui configurazione o ubicazione rientra in un inganno della metamorfosi. Il confine cambia luogo, identità, tipologia o contenuto senza rischiare di essere sciolto, distrutto o valicato. In questo modo, ciò che caratterizza il confine non è tanto la privazione del movimento, quanto la difesa di un’assoluta staticità in cui la passività e la contemplazione dominano sull’azione. Però “il limite non implica la staticità dei riferimenti, ma la violenza di un gesto. Impone la forza del movimento contro la rassicurante identità delle coordinate. È l’abbandono stesso di tutte le coordinate possibili” (Judith Revel).
Così, mentre Focault affermava che un atto è trasgressivo quando sposta i confini del lecito, rimanendo nella soglia della passività, Jean-Luc Nancy incentra tutta l’ontologia dell’essere proprio riflettendo su questo confine. Passeggiando sull’orlo dell’abisso per scrutarlo dall’alto, attraversandolo e infrangendolo senza aver paura di cosa ci sarà nell’aldilà del già conosciuto. Ed è questo ciò che fanno gli otto artisti invitati davanti al muro: lo attraversano, lo rispecchiano, lo identificano, lo denunciano, lo simboleggiano, lo valicano, lo confrontano e ci camminano intorno fino a scioglierlo e dimenticarlo.