Se vi fermate per un attimo a pensare all’istrionico Paul McCarthy sicuramente vi verrà in mente un’immagine dell’artista come l’avete osservato in decine di video e performance nel corso degli anni e cioè intento a ficcarsi in gola manciate di hot dogs zeppi di ketchup e maionese (come in Hot Dog del 1974) o magari preso a ballonzolare e mugugnare in giro con un naso da clown spruzzando della pittura su di una tela (come in Painter del 1995) o infine se pensate a Paul McCarthy vi viene in mente uno sporcaccione con un costume da Santa Claus con macchie di cioccolato annesse (come in Santa Chocolate Shop del 1996-97).
Insomma l’immagine che noi tutti abbiamo di Paul McCarthy ha sempre a che fare con bambole, salsicce, vaselina ed orifizi che non possono certo essere descritti in questo luogo. Ma recentemente, in occasione del progetto White Snow, in mostra alla galleria Hauser & Wirth di New York fino al prossimo 24 dicembre, l’artista ha rilasciato un intervista al New York Times, dando di sè l’immagine di una persona differente da come tutti pensavamo. McCarthy reduce da una frattura al femore è stato accompagnato da sua moglie e suo figlio, quest’ultimo si è occupato dell’installazione dei disegni in galleria, una serie dedicata alla favola di Biancaneve ed i sette nani con tutte le allusioni sessuali del caso ma prodotta in maniera decisamente interessante. La presenza dell’artista nei panni di amorevole capo famiglia stride un poco con la figura senza regole e senza ritegno a cui tutti siamo abituati a pensare ma evidentemente il genio nasconde comunque un certo amore per la tradizione che sinceramente non ci si aspettava. Eppure a guardare le pareti della galleria si scorge Biancaneve che si trasforma in una gigante vagina per poi ritrasformarsi in Paperina oppure sempre Biancaneve alle prese con espliciti atti sessuali. Ma il pacifico Paul McCarthy spiega tale irruenza visiva dichiarando “Questi erano disegni per una scultura. Al momento di produrre queste opere mi sono ispirato ai disegni erotici da Klimt fino ad arrivare ad Egon Schiele. Ho anche attinto a piene mani dall’opera Étant Donnés (1946-66) di Marcel Duchamp e dal celebre dipinto L’origine del mondo di Gustave Courbet“. E con queste parole anche a noi viene in mente che il dipinto di Courbet nel 1866 sarà sembrato certamente scandaloso ai più, magari le future generazioni sorrideranno alle provocazioni di Paul McCarthy.
Photo Copyright: Chad Bakta, The New York Times