In occasione dell’apertura del nuovo spazio di via di Monserrato 40 (Roma), The Gallery Apart presenta l’attesa personale di Luana Perilli intitolata Manutenzione sentimentale della macchina celibe. Il progetto si affida a tre diverse modalità espressive, spaziando dal video, alla scultura, al collage.
Il corpus delle opere ci immerge in un mondo privo di esplicite presenze umane, un universo di oggetti per una volta non inanimati ma anzi, seppur privati della loro naturale destinazione funzionale e dunque resi celibi nel senso della lezione duchampiana, intrisi della vitalità conseguente alle loro precedenti esperienze e quindi in grado di esprimere e trasmettere sentimenti, ricordi, umori.Il video, intitolato Sì dolce è il tormento, è un documentario amatoriale sulla vita segreta e paradossale degli oggetti quando l’abitare è sottoposto ad una ricostruzione, ad un abbandono o ad uno stato di transizione e ristrutturazione. Il trasloco permette una differente dislocazione del senso e del sentimento dell’oggetto, della sua funzione e del suo comportamento. Oggetti d’uso comune e mobili sono carichi di un energia residua, di un desiderio umanizzante irrisolto e spesso cinico. Il video spia questi oggetti mentre si relazionano in maniera passionale, confusa e paradossale come concentrando in un gesto unico le incongruenze, i conflitti e le piccole crudeltà quotidiane di chi li ha abitati. L’audio, un aria di Monteverdi del Seicento pensata per voce di castrato, racconta un idillio basato sul rifiuto e sull’assenza e focalizza la funzione dei castrati, modificati fisiologicamente per diventare veri e propri strumenti-macchina celibi impossibilitati a riprodursi.
Il lavoro installativo, dal titolo Le vedove e gli orfani, affronta un altro aspetto specifico della privazione domestica: il lutto. Sedie, tavoli, scrivanie e comodini sono modificati, motorizzati o messi in relazione tra loro, assumendo una dimensione antropomorfa che colma l’assenza di chi normalmente abita l’arredo e che li rende altrettante vedove ed orfani. Gli oggetti sono consumati e modificati in modo che per alcuni si veda la trama dei tarli che li svuotano silenziosamente.
I collages, cha danno il titolo alla mostra, presentano storie in cui vecchi oggetti di design interagiscono e dialogano silenziosamente grazie a tagli, spostamenti e sovrapposizioni. Senza manipolazioni digitali, l’artista interviene attraverso meccanismi di taglio e sottrazione ottenendo combinazioni abbinate a didascalie che, mediante un’ulteriore azione di cancellazione, fungono da testi poetici “trovati”. Le sillabe residue compongono nuove frasi che si snodano come una storia possibile lungo le sequenze in cui gli oggetti si relazionano dandosi e negandosi gli uni agli altri.