Il Moma di New York ospita fino al 28 febbraio un’interessante mostra dal titolo Projects 91: Artur Zmijewski, retrospettiva sull’artista polacco Artur Zmijewski che da anni indaga sulle norme ed i comportamenti sociali in maniera del tutto provocatoria e brutale. Nel suo video 80064, l’artista convince un anziano sopravvissuto allo sterminio di Auschwitz a farsi cancellare il numero di deportato che reca sul braccio da un tattoo artist. In un primo momento l’uomo sembra accettare ma davanti la telecamera ha dei ripensamenti per poi cedere alle volontà di Artur Zmijewski e farsi cancellare definitivamente il numero.
Dopo questo atto l’uomo sembra interdetto, non si capisce se egli sia contento od infelice di aver perso un così terribile ricordo che lo ha accompagnato per tutta la vita. Per quanto sia un estremo atto di violenza tale intervento artistico vorrebbe far riflettere sulla memoria (in questo caso dell’Olocausto) e sulla sua persistenza nel tempo.Anche se il numero tatuato sul braccio sia portatore di infausti ricordi, l’uomo non vuole privarsene, questo perché ricordare è fondamentale per non ripetere. Non approviamo la scelta artistica di Artur Zmijewski, è innegabile che l’azione susciti molte riflessioni ed il conetto di memoria è fondamentale per la storia ma il procedimento usato per sviscerare il tema ci sembra abbastanza ripugnante. L’artista da sempre pratica una forma di estetica relazionale in cui gente comune è invitata a partecipare a situazioni ricostruite in maniera artificiale in modo da rivelare problemi sociali. Zmijewski crea queste situazioni in maniera volutamente brutale per sottolineare l’importanza della materia trattata. Uno strano ed inconscio sadismo emerge da molti dei suoi lavori come in The Game of Tag del 1999 dove 6 tra uomini e donne giocano totalmente nudi in un sottoscala freddo e claustrofobico. Le persone sembrano divertirsi ma sono anche consce di apparire ridicole agli occhi dello spettatore. L’effetto ancor più straniante e orrorifico e dato dal fatto che il sottoscala è in realtà una camera a gas di un campo di concentramento polacco.
In Repetition del 2005 l’artista ha chiesto ad alcuni volontari di interpretare il ruolo di guardie e prigionieri in una falsa prigione. nel video le persone si adattano ai ruoli in maniera talmente stretta che alcuni dei prigionieri hanno abbandonato il programma per l’estrema tensione a cui erano sottoposti. Insomma in tutta la sua ricerca sul sociale Zmijewski ha dimenticato di compiere una riflessione su se stesso e di comprendere quanto egli appartenga alla classe sociale degli artisti pseudo-intellettuali di avanguardia che solitamente sono corteggiati da importanti istituzioni artistiche ma che non compiono su se stessi le indagini che fanno agli altri.
Photo Copyright: Artur Zmijewski e X Initiative