Il mondo dell’arte contemporanea è oramai strettamente connesso all’economia. Oggigiorno molte istituzioni più che di un direttore o di un curatore hanno bisogno di un manager e di un abile fundraiser. Insomma non è mistero che molti musei prediligono direttori che hanno già un portfolio di contatti fitto di gallerie e collezionisti prestigiosi che non vedono l’ora di “prestare” le loro opere alle istituzioni pubbliche in modo e maniera da veder levitare le quotazioni degli artisti di casa. Dal canto loro i musei possono così permettersi grandi eventi senza dover sborsar troppi soldi. Se il il grande artista contemporaneo è equiparabile ad un brand aziendale il museo non è da meno e per vendere al meglio i suoi prodotti artistici sceglie sempre un abile esperto in marketing con un grande fiuto per gli affari piuttosto che un grande conoscitore dell’arte.
La vicenda della nomina del nuovo direttore del MOCA,Los Angeles Museum of Contemporary Art (Castello di Rivoli docet) non fa altro che avvalorare questa tesi. Il nome del fortunato prescelto è stato reso pubblico ieri sera dal finanziatore del Moca Eli Broad e dai membri del consiglio Maria Bell e David Johnson. Si tratta di Jeffrey Deitch, celebre art dealer proprietario della Deitch Projects di New York e vecchio volpone del mercato dell’arte contemporanea stimato da un nutrito gruppo di grandi artisti. Tale nomina rappresenta un chiaro e radicale segno della fusione tra marketing ed arte senza precedenti negli States. I direttori dei musei americani provengono solitamente da carriere accademiche e curatoriali oltre che da organizzazioni no-profit. Nessun museo americano è diretto dal proprietario di una galleria commerciale, nessuno almeno fino ad ora.
Comunque sia il nuovo direttore dovrà coprire un buco di 44 milioni di dollari che sono stati bruciati dal museo in meno di nove anni. Forse Jeffrey Deitch rappresenta la persona giusta al posto giusto per risanare il bilancio, ma il sano spirito artistico in tutto questo balletto finanziario dove è andato a finire?
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