Massimiliano Gioni ha finalmente svelato alcuni dettagli sulla Gwangju Biennale che si aprirà il prossimo settembre nella città industriale della Corea del Sud. Anche se la lista dei 100 artisti partecipanti sarà resa nota al pubblico solo il prossimo aprile, il giovane direttore artistico ha dichiarato che il titolo della Biennale sarà: 10.000 Lives (10.000 Vite).
Raggiunto dai microfoni del New York Times, Massimiliano Gioni ha così spiegato la sua scelta: “Con questo titolo pongo una domanda, quale è il ruolo degli artisti in questa società caratterizzata dall’iper presenza delle immagini? La Biennale esplorerà le relazioni tra persone ed immagini e tra immagini e persone“. Il titolo della grande manifestazione è direttamente ispirato al poema Maninbo (letteralmente 10.000 vite), volume non finito del poeta dissidente Ko Un. Il poeta fu accusato nel 1980 per aver preso parte alle attività del movimento democratico sud coreano. Nel maggio dello stesso anno Ko Un, accusato dalla dittatura di alto tradimento, viene imprigionato per la terza volta e condannato all’ergastolo (sarà liberato nell’agosto del 1982 grazie ad un’amnistia). Durante i duri anni della prigionia Ko Un inizia a scrivere un poema con l’obiettivo di descrivere ogni singola persona conosciuta nel corso della sua vita.
In merito al suo ambizioso progetto Gioni ha inoltre affermato che, a differenza delle altre biennali focalizzate sull’arte strettamente contemporanea, la sua biennale conterrà opere databili dall’inizio del 20esimo secolo fino ai giorni nostri. Gioni inserirà oggetti non propriamente concepiti come opere d’arte, sarà infatti possibile ammirare oggetti ritrovati, fotografie e artefatti scampati all’oblio. Il giovane ed intraprendente curatore ha quindi intenzione di creare una sorta di museo totale dell’immagine. “Cercherò di guardare alle immagini attraverso il tempo” ha aggiunto Gioni, vedremo se riuscirà nel suo intento.