Dopo la mostra di George Maciunas, Fluxus Biennial – 730 giorni hic et nunc, il progetto curato da Achille Bonito Oliva all’Auditorium di Roma, prosegue dal 7 aprile al 14 maggio 2010, con l’esposizione dedicata a George Brecht. Brecht e’ stato uno dei piu’ significativi esponenti del gruppo Fluxus, attivo fin dal suo inizio nel 1962 e inventore del termine “Event”, una tecnica performativa usata da tutti i componenti del gruppo e divenuta in seguito caratteristica imprescindibile della ricerca di Fluxus. Negli “Event”, azioni quotidiane che coinvolgono ogni sfera del sensibile (visiva, uditiva, tattile, motoria) vengono isolate come singole performance, assumendo occasionalmente il carattere di situazioni immaginarie o impossibili.
Tra le opere esposte in AuditoriumArte, Water Yam (1963), una semplice scatoletta di cartone con centinaia di piccoli bigliettini recanti le indicazioni di Brecht per eseguire gli “Event”, una serie di partiture legate a gesti minimali o atti basici del semplice vivere quotidiano. Water Yam e’ considerata una pietra miliare di Fluxus. Tutte le opere presenti in mostra giocano sul paradosso di oggetti d’uso comune che mantengono la loro caratteristica di banalità e quotidianità, inserendosi nell’assunto portante del lavoro di Brecht secondo cui ogni cosa soggiace alle leggi generali del caso e delle coincidenze. Persino quelle tridimensionali sono Event che si sviluppano sotto gli occhi dello spettatore, come una pianta di azalea poggiata su una sedia che cresce impercettibilmente giorno per giorno (Chair with plant, 1967), o come un improbabile e ironico ritratto femminile fatto da oggetti d’uso comunissimo come una scala a pioli, uno spazzolone e un cobra (Lola, 1975).George Brecht nacque nel 1926 a New York e si laureo’ in farmacia a Philadelphia lavorando in seguito per alcuni anni come chimico ricercatore per diverse compagnie farmaceutiche. A New York nel 1958-1959 prese parte al corso di composizione musicale di John Cage alla New School for Social Research dove venne a contatto con i metodi compositivi basati sull’aleatorietà del caso, su cui si baso’ in modo imprescindibile per la messa a punto della propria ricerca creativa. Con Robert Watts organizzo’ nel 1963 lo Yam Festival, una delle prime occasioni di uscita pubblica del gruppo Fluxus, già da allora guidato da George Maciunas.
Brecht e’ inoltre stato il promotore di importanti riviste Fluxus come Yam (1963), V.Tre (1963) e i primi due numeri di cc VTRE (1964). Ha vissuto tra gli Stati Uniti, Londra e Colonia, dove e’ morto nel 2008, lo stesso anno in cui il Museo Ludwig di Colonia gli ha dedicato un’ampia retrospettiva.
In occasione dell’esposizione saranno organizzate due serate di performance. Il primo appuntamento avrà luogo la sera stessa dell’inaugurazione, il 7 aprile in Teatro Studio alle ore 21. Ben Patterson, uno dei piu’ colti e ironici protagonisti di Fluxus, proporrà un programma di performance realizzate appositamente per l’Auditorium con un tributo a George Brecht. Nella prima parte della serata eseguirà tre sue composizioni: A simple Opera, 370 Files e Paper Piece. Nella seconda parte, accompagnato da alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma, in omaggio allo Yam Festival organizzato da Brecht insieme a Robert Watts nel 1963, Ben Patterson proporrà lo Yam Day Memorial Concert in cui eseguirà alcune delle memorabili composizioni di entrambi gli artisti, tra cui la famosa Drip Music del 1959.
Secondo appuntamento il 17 aprile con il ciclo di performance di artisti contemporanei After fluxus. Alle ore 21, nel Teatro Studio dell’Auditorium, il poeta-artista visivo svedese Karl Holmqvist e il musicista Stefan Tcherepnin presenteranno in prima assoluta Big Head, un nuovo progetto per parola parlata e registrazioni sonore. “Immaginiamo un mix diretto di campioni sonori, registrazioni e parlato- spiegano gli artisti – diverse voci come ciascuno puo’ sentire nella propria testa, evocare nella memoria o un sogno mescolato ai rumori del traffico e al ritmo, forse il richiamo di un uccello. Il suono ha la qualità straordinaria di mantenere viva l’attenzione nel momento, mentre le frasi ripetute e i frammenti che provengono da qualche altra parte creano una sorta di slittamento tra allora e ora. Qui e là. Dentro e fuori. Cio’ che si crea alla fine e’ forse un’opportunità per il pubblico, gli interpreti e lo spazio che occupano di funzionare come un’unica grande mente, registrando il momento che condividono”.
A seguire Zimmerfrei plays Walter Marchetti. Song for John Cage degli ZimmerFrei. Walter Marchetti e’ stato uno dei protagonisti della scena della Neoavanguardia musicale, sin dagli anni ’50, fondatore assieme a Juan Hidalgo del gruppo Zaj, costola europea di Fluxus.
In Song For John Cage ogni parola e’ legata all’altra dal senso, ma separata dal tempo; nella versione di ZimmerFrei, il tempo che intercorre fra una particella e l’altra si trasforma in sostanza discreta: sola luce, puro suono, gravità, brevi immagini e accadimenti singolari. Ognuno di questi elementi potrebbe essere un incipit, l’occasione per una partenza, ma la scansione della frase conserva una forza che li fa convergere in uno scenario di omogenea densità: una visione del caos al lavoro.