Lo scorso fine settimana l’artista Owen Maseko è stato arrestato dalla polizia a causa di una sua mostra alla National Gallery di Bulawayo nello Zimbabwe. Tale atto ci riporta tristemente alla mente un’altra censura perpetrata ai danni dell’arte sempre nello Zimbabwe di cui abbiamo ampiamente parlato in un nostro precedente articolo.
Secondo l’Associated Press, Maseko ha raccolto alcune foto di famiglia di persone scomparse mescolandole ad immagini di depositi minerari dove si pensa siano sepolti alcuni resti umani ed ha aggiunto all’interno della mostra anche alcuni rapporti su un’insurrezione armata nel distretto del Matebeleland dopo l’indipendenza del 1980. Ricordiamo che il distretto fu letteralmente fatto a pezzi dalle truppe fedeli a Mugabe e migliaia di civili innocenti furono massacrati nella lotta. L’avvocato di Maseko ha dichiarato che il suo cliente ha passato il fine settimana in prigione dopo che la polizia aveva definitivamente chiuso la sua mostra a Bulawayo. Secondo Voices of America, l’opera di Maseko che ha fatto andare su tutte le furie la polizia è quella che mostra Joshua Nkomo e Robert Mugabe mentre firmano un accordo di pace per l’unità del governo. Nell’installazione Nkomo è steso sul tavolo con del sangue che cola dalle sue spalle. Dietro ai due leader politici c’è una fila di uomini che indossano occhiali scuri e che presumibilmente fanno parte dei servizi segreti.
La moglie di Maseko ha dichiarato su Radio Africa News: “La polizia ha oscurato le finestre della National Gallery con dei giornali in modo che nessuno può vedere la mostra dalla strada. Inoltre il pubblico non può avere accesso alla mostra, cosa alquanto spiacevole per un’artista che crea per la gente. Negare l’accesso all’arte ha un impatto negativo sull’industria dell’arte e su Owen in quanto artista”.
Ci chiediamo quanti di questi episodi dovranno ancora succedere e quante volte ancora l’arte dovrà sottostare ai voleri di un regime ingiusto e censorio. Globartmag ribadisce il suo appoggio alla libertà culturale. Se volete unirvi a coloro che chiedono la liberazione dell’artista, cominciate con iscrivervi al gruppo in suo favore su Facebook