In Uomini-statua-oggetto l’artista tedesco Philip Wiegard mette in scena dal 10 aprile al 5 giugno, nello spazio romano di Furini Arte Contemporanea, un interno, un’ambientazione intima e privata stile primi del Novecento, dove drappi e carte da parati originali dell’epoca, a cui si sovrappogongono pannelli dipinti che le emulano, si alternano agli ammiccamenti barocchi delle poltrone damascate e alle fotografie incorniciate allineate sulle pareti. L’artista, così, restituisce vita ai tempi perduti fra richiami al mito, alle ricerche prospettiche e metafisiche dechirichiane, ricreando quell’idea di Wunderkammer che proponevano gli antichi àteliers, stanze dove si raccoglievano meraviglie di ogni genere e ogni luogo.
Tutto il contesto è però soggetto ad un meccanismo, per certi aspetti ossessivo, per cui Wiegard si diletta a decostruire e scomporre oggetti comuni come tavoli, sedie, poltrone, armadi e intere composizioni di vecchio arredamento, per riportarli ad una nuova vita. Questa nuova estensione non è piatta e non è tridimensione, ma appunto ri-costruzione prospettica mediante parti di oggetti che vengono usate come linee per restituire proporzioni, profondità e misure. Wiegard utilizza in scultura le leggi ottiche della prospettiva tipiche della pittura, così svuota gli oggetti dei loro volumi, li priva della loro funzione originaria e li rende elementi ibridi, fra oggetto e figura, tali da generare il dubbio della percezione di chi li osserva.
Sempre con lo scopo di ingannare la visione, di deviare quel meccanismo automatico della mente che tende a ricostruire e completare, Philip Wiegard ci propone uno spazio in cui ciò che è dentro è fuori, ciò che sembra vicino è lontano, ciò che appare profondo in realtà è piatto. Così i soggetti che appaiono nelle fotografie appese alle pareti, scattate con un’antica fotocamera a grande formato, sono anche fuori dall’immagine: le composizioni-statue, le carte da parati e i drappi fanno parte così della stessa sede espositiva.
Si crea quindi un incanto della visione, per il quale Wiegard ha tratto spunto durante la recente visita alla Casa-Museo di Giorgio de Chirico in piazza di Spagna a Roma, dove ha scattato foto di ambienti che ha ricreato seguendo la sua personale interpretazione e lasciandosi ispirare da questi spazi pieni di orpelli, ma vuoti di vita e della loro destinazione d’uso, dunque in continua contraddizione.
Così ‘Uomini’ sta a significare la sublimazione di una mascolinità mitica e la sua immortalità per mezzo dell’ambiente che ne ricorda la vita, seppur bloccata in un istante. ‘Statua’ è la qualità scultorea, come la definisce Wiegard, la bellezza fissata e immobile. ‘Oggetto’ rappresenta il feticismo, l’ossessione maniacale per le cose che identificano uno status. Tutto questo si traduce in una provocatoria glorificazione: ‘nulla sine tragoedia gloria’ (Giorgio De Chirico), una drammatizzazione di ciò che vive pur senza vita, una presenza-assenza, un inganno perpetuo, una figura che ha valore solo grazie al suo contesto.