Alcuni giorni fa il noto gallerista americano Jeffrey Deitch ha rilasciato un’intervista in cui si parlava dei cambiamenti occorsi all’interno del mondo dell’arte negli ultimi quaranta anni. Le dichiarazioni di Deitch potrebbero farci comprendere quanto questi cambiamenti hanno in qualche modo de-umanizzato ed allontanato I protagonisti della scena dal loro pubblico, ma vediamo cosa ha detto Deitch:
“Il mondo dell’arte è senz’altro meno aperto di quanto lo era nel 1970. In quegli anni ad esempio Dan Flavin poteva recarsi in un pub dopo aver installato la sua mostra e magari imbattersi in Blinky Palermo e magari i due potevano decidere di andare a cena insieme farsi cucinare qualcosa Da Julian Schnabel che a quei tempi era lo stimato chef di un ristorante di Manhattan, insomma tutto era più a misura d’uomo. Oggi ci sono le cene della Gagosian Gallery, eventi superblindati dove possono accedere solo i collezionisti miliardari o le star dell’arte contemporanea o meglio ancora ragazze giovani estremamente attraenti”. In queste parole è possibile leggere il cambiamento della scena dell’arte contemporanea internazionale. Erano tempi in cui ci si poteva imbattere in Joseph Beuys, magari a Napoli e scambiarci pure due parole (ovviamente in tedesco). Mario Schifano invece era possibile scorgerlo mentre passava per Roma con la sua amata bicicletta. Che dire poi di figure anni ’80 come Jean-Michel Basquiat e Keith Haring, artisti nati proprio all’interno del contesto urbano e artisticamente legati alla strada come alla popolazione cittadina.
Oggi invece va di moda la preview della mostra per soli collezionisti ed addetti al settore ed il pubblico, gli appasionati d’arte in genere sono relegati al rango di semplici spettatori. Protagonisti dell’arte come Damien Hirst e Jeff Koons sono inavvicinabili, inafferrabili ma sempre più presenti, come se fossero delle rockstars. L’esclusivismo è la cifra stilistica del 2000, un sempre più crescente desiderio di creare eventi per molti ma non per tutti, giusto quelli che contano.