La galleria Co2 di Roma inaugura il 7 maggio la mostra personale di Tiziano Lucci. Attraverso una selezione di opere realizzate negli ultimi anni, la mostra si propone come la prima panoramica completa del complesso lavoro dell’artista romano. Artista visuale e compositore di musica elettronica, Lucci vive e opera in profonda simbiosi con la grammatica digitale, con la quale interviene su immagini fotografiche per dare corpo al suo personalissimo processo estetico e concettuale.
La sensibilità che mette in campo è quella dell’uomo contemporaneo, estesa nelle sue possibilità grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, che l’artista sfrutta per visualizzare la pluralità di stimoli provenienti dalla vita quotidiana. Il risultato è una serie di immagini spiazzanti per la qualità dell’elaborazione e per la loro potenza sinestetica, in cui la presenza simultanea di frammenti iconici, segni e sfumature impercettibili, dà vita ad una narrazione antisequenziale che nega la legge di causa-effetto in favore di una nuova logica della totalità.
Ogni opera è frutto di un lento e impegnativo processo di elaborazione, che può protrarsi anche per anni, nel tentativo di ricostruire i processi cerebrali su cui si basano la percezione della realtà e la conseguente creazione estetica. Muovendo da un’immagine fotografica, piena mimesi della realtà, Tiziano Lucci costruisce pixel dopo pixel un apparato iconico fluttuante che si sovrappone alla concretezza di quello fattuale; ne deriva la messa in scena di un processo psichico-percettivo, al quale l’artista giunge tramite un’azione congiunta di sottrazione e addizione.
Allo spettatore è assegnato un ruolo ugualmente attivo. La decodifica dei lavori di Lucci, che mostrano, ma allo stesso tempo nascondono, è una vera sfida intellettuale; dopo una prima fase di accostamento, in cui gli strumenti utilizzati sono esclusivamente le proprie capacità cognitive, è necessario instaurare un rapporto profondamente empatico con le immagini e lasciare che le proprie percezioni si incrocino con la sensibilità dell’artista.
Come scrive Gianluca Marziani: “Non esiste grande opera senza potenza simbolica e polivalenza semantica. Così come non esiste grande opera senza l’apertura all’interrogativo, stimolando l’inquietudine della comprensione altrui”. Alla luce di questo, la grandezza dei lavori di Lucci risiede proprio nella loro portata intellettuale e nella potenza quasi alchemica dei quesiti che pongono. Come oscure stanze chiuse che, con l’ausilio della giusta chiave, spalancano le loro porte e concedono l’abbondanza dei doni custoditi al loro interno.