Durante i primi mesi di quest’anno Tino Sehgal aveva fatto svuotare il Guggenheim per proporre una delle sue performance impalpabili, frutto oggettivo di un’arte soggettiva ed immateriale. In quel frangente i visitatori erano stati avvicinati dai performers i quali li invitavano a discutere di varie tematiche, ovviamente i poveri malcapitati non avevano la benché minima idea di cosa stesse succedendo. Successivamente abbiamo avuto modo di assistere alle stravaganti peripezie di Terence Koh non ultima quella di adottare un tenero virgulto che molti pensano sia parte integrante di una sua nuova performance.
Inoltre apprendiamo da Exibart che la brava artista Tania Bruguera ha recentemente sovvertito le regole, sostituendo la sua performance al Madre di Napoli con una conferenza stampa ed aggiungendo in seguito che il cambio non faceva parte di un’azione artistica ma solo di una semplice conferenza. Ovviamente il pubblico confuso ha pensato ad una probabile performance a sorpresa della giovane artista. Infine pochissimi giorni or sono l’artista Mark Jenkins ha complicato ulteriormente la situazione, piazzando un’installazione nella città di San Pietroburgo. L’opera era costituita da una semplice bottiglia, un bicchiere, un tappo di plastica ed altri oggetti trovati nella spazzatura e successivamente piazzati su alcuni marciapiedi. Nessuno si è accorto dell’opera sino a quando la sua presenza non è stata documentata in via del tutto postuma su magazines e quanto altro.
Insomma questi esempi sono stati da noi raccolti per documentare una situazione pericolosamente in bilico tra arte e realtà e forse Robert Rauschenberg ne sarebbe molto felice. Il problema è che le visionarie teorie duchampiane (riprese poi da tanti altri artisti come anche il grande George Maciunas, ideatore del movimento Fluxus) hanno preso il sopravvento ed ora c’è il pericolo che ogni volta che scorgiamo un artista camminare per strada, dobbiamo analizzare attentamente se stia prendendo parte ad una performance o meno. Insomma il leitmotiv di questi anni è il fraintendimento, il dubbio, il continuo non capire cosa si fa e perchè lo si fa. L’arte non è sicuramente nata per fornire risposte, semmai per generare domande ma di questo passo si corre il rischio di eliminare ogni quesito con l’indifferenza.