Dal 26 giugno al 31 ottobre 2010 si svolge la XIV Biennale Internazionale di Scultura di Carrara, curata da Fabio Cavallucci, dal titolo Postmonument. Filo rosso di quest’edizione è infatti il tema del monumento, o meglio quel radicale processo di de-monumentalizzazione che nell’ultimo secolo ha svincolato la scultura dalle finalità celebrative ed encomiastiche.
Emblema del potere forte, strumento di controllo e omologazione delle masse, ma anche catalizzatore dei valori dei popoli e tassello insostituibile nella costruzione della memoria collettiva, il monumento diviene bersaglio principale di rivolte e rivoluzioni, per poi essere spazzato via dall’imporsi degli ideali di democrazia e libertà del nostro tempo. Tuttavia, in uno scenario mobile e mutevole come quello attuale, in un clima di fine d’epoca e di riscrittura della storia, accanto alla predominante iconoclastia contemporanea si registra il progressivo riemergere di codici e valori dal passato. Torneremo a riconoscerci in nuovi monumenti?
È Carrara a fornire spunti e suggestioni per lavori specifici. Carrara è infatti una città autentica, dai tratti forti e chiaramente riconoscibili: dalle tracce del duro lavoro dei cavatori sedimentate nel territorio, all’inconfondibile tradizione anarchica, dall’antichità del centro storico al fervente e vivace microcosmo dell’Accademia di Belle Arti. Il territorio della città, da sempre legato all’estrazione e alla lavorazione del marmo, dove Michelangelo e Canova hanno soggiornato per trovare il materiale che ha dato corpo alle loro opere, ha sofferto più di altri la decadenza della scultura tradizionale seguita alla caduta dei simboli e delle ideologie del Novecento. Il contesto locale si offre dunque come specchio di quei segni di incrinatura del sistema simbolico e produttivo di tutto il mondo occidentale, e dal confronto con questa situazione reale gli artisti ospiti della manifestazione traggono ispirazione. La scelta di coinvolgere tutta la città attraverso un moltiplicarsi di sedi espositive – vecchi laboratori di scultura e altri edifici dismessi del centro, dove i segni del tempo e dell’abbandono sono evidenti – contribuisce a dare corpo a quella dimensione di passaggio che costituisce il leitmotiv di tutta l’esposizione: dove il disorientamento è più evidente, lì è forse più facile trovare terreno fertile per il cambiamento. In mostra, il tema sarà introdotto da un’ampia sezione storica con esempi di produzione monumentale a cavallo dei due secoli, affiancati da modelli della statuaria del Ventennio e del realismo socialista sovietico e cinese. Ma la parte centrale dell’esposizione è costituita dalle opere di più di trenta artisti contemporanei provenienti da tutto il mondo, tra i quali spiccano, per citarne solo alcuni, importanti nomi internazionali del calibro di Paul McCarthy, Antony Gormley, Yona Friedman, Santiago Serra e Monica Bonvicini, affiancati da giovanissime promesse come Kristina Norman, presente al Padiglione Estone della Biennale di Venezia 2009, Cyprien Gaillard, candidato tra i finalisti del Premio Marcel Duchamp 2010, o Rossella Biscotti, vincitrice del Premio Fico ad Artissima 16.
Ben 26 degli artisti invitati presentano per l’occasione nuove produzioni, concepite dopo sopralluoghi e una più approfondita conoscenza della realtà del territorio carrarese e nella maggior parte dei casi realizzate nei laboratori della città. Questi progetti, oltre a declinare in modo a volte inaspettato il tema portante della Biennale, hanno in comune un approccio assolutamente sperimentale e interdisciplinare alla pratica della scultura. Il percorso della mostra presenta quindi interventi più tradizionali, come la lapide commemorativa ai caduti delle cave del giovanissimo Giorgio Andreotta Calò, che estrae personalmente un blocco di marmo da una cava senza l’ausilio dei macchinari; accanto a opere dal carattere più concettuale, come quella di Cai Guo-Qiang, che riporta a Carrara ciò che da qui é partito con una videoinstallazione su migliaia di studenti dell’Accademia di Pechino che disegnano il David di Michelangelo. Operazioni performative, come quella concepita da Sam Durant – che fa recitare l’opera Il Primo Maggio di Pietro Gori ad attori diretti da Gianmarco Montesano – si alternano a percorsi della memoria, come la serie di foto di famiglia della coppia kazaka Yerbossyn Meldibekov e Nurbossyn Oris, che evidenzia come il tessuto urbano e i monumenti del loro Paese, punti di riferimento storico-culturale imprescindibili, siano cambiati negli ultimi decenni dopo lo sgretolamento dell’U.R.S.S.. Ci sono poi omaggi alla tradizione anarchica locale, come l’installazione sonora di Deimantas Narkevicius, che diffonde l’audio del canto anarchico Addio mio bel Carrara, per voce di anziani reduci della resistenza; e monumenti al quotidiano, come l’operazione di Gillian Wearing, che fotografa su un piedistallo di marmo gruppi di abitanti del luogo. Infine, non mancano operazioni apparentemente dissacranti, come quella concepita da Maurizio Cattelan, che ha annunciato di voler sostituire per il periodo della Biennale lo storico monumento a Mazzini, collocato nella piazza centrale di Carrara, con un monumento a Bettino Craxi.
Parallelamente al percorso espositivo la XIV Biennale Internazionale di Scultura di Carrara propone quest’anno un intenso programma di eventi collaterali, con conferenze, cicli di performance e workshop che, per tutto il periodo di apertura, arricchiscono la kermesse.