Più di 40 schermi di differenti dimensioni, 25 opere video dalla collezione Sandretto Re Rebaudengo, 10 giovani artisti italiani coinvolti in un’opera unica, 2 istituzioni che collaborano, 1 chiesa a quattro braccia con l’ottagono centrale sormontato da una cupola.
Il complesso milanese di S. Michele ai Nuovi Sepolcri è circondato dal ritmo armonioso del porticato a pianta curvilinea, la vegetazione del giardino interno è verde brillante, ci passerei volentieri un pomeriggio d’estate a lasciar passare il tempo, ma oggi lascerò che il tempo non passi dentro quelle mura. In un’epoca in cui guardando una tela di Pollock qualcuno riesce ancora a dire:”Potrei farlo anch’io”, è un atto di coraggio proporre, come amministrazione pubblica, una mostra di soli video. E se non bastasse questo, il colpo di grazia lo da il tema: You-We, cioè noi e voi, l’altro, la multiculturalità, il dialogo con l’oriente. Mi piace quando le iniziative culturali mi sbattono in faccia tutta la mia limitatezza.Forse perché entra in gioco il linguaggio della comunicazione, quello televisivo e siamo tutti convinti di conoscerne perfettamente il funzionamento e quindi di poter essere giudici.
Forse perché i video li puoi fare anche col tuo telefonino. Forse perché, anche se quello video dovrebbe essere il linguaggio della modernità, rimane uno dei mezzi artistici ancora indomato. Saranno ormai cinquant’anni e anche più che si fanno opere artistiche con immagini in movimento, ma ancora si storce un pò il naso, e si pretende più forza espressiva, più incisività, più intuizione per poter promuovere un video ad arte.
La mostra You-We 25 video dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo +Ablo, a cura di Francesco Bonami, direttore artistico della Fondazione, va contro ad ogni logica di marketing culturale che un Comune come quello di Milano attuerebbe, se fosse furbo. Per vedere tutte le opere in mostra bisogna avere tempo, nella città della produttività servono ben 285 minuti liberi. Mica come con i quadri, due secondi ti soffermi e poi passi a quello accanto. Che rimanga tra noi, ma ci si può spendere anche un po’ meno di tempo, in fondo mica dobbiamo subire una cura d’immagini in stile Arancia Meccanica!
Questo articolo è composto da tanti inizi dello stesso articolo, dovevo sceglierne uno per scriverne la continuazione, ma, come cita il titolo, le cose non dette riempiono il vuoto di una forma riflessa.
Posso solo aggiungere che ne vale la pena, anche solo per Yong-Baek Lee. Prendetevi un pomeriggio e vivete questo esperimento bislacco della nostra amministrazione pubblica, che comunque avrà bisogno di numeri per non lasciar perdere azzardi del genere in futuro. Indossate le vostre cuffiette e dedicate attenzione alle singole opere, oppure fate zapping, però fatelo in compagnia, perché il bello è parlare. Dopo.
*(Chris Abani, L’ambigua follia di Mr. Black)