I tagli previsti dalla manovra potrebbero causare molti danni alla cultura del nostro Bel Paese. Eppure anche se sono in molti a temere il peggio, sembrerebbe quasi che le cose stiano andando per il meglio, o almeno questo è quanto annuncia la propaganda governativa. Stiamo ovviamente parlando della baldanzosa campagna pubblicitaria del ministero dei Beni culturali, partita proprio in questi ultimi giorni.
Sul manifesto della campagna è possibile vedere un sorridente (quanto celebre) presunto autoritratto di Antonello da Messina, ritoccato con photoshop per l’occasione. Nei primi sei mesi dell’anno i visitatori dei musei statali sono cresciuti del 12,2 per cento ed i successi ottenuti campeggiano a lettere cubitali vicino al povero Antonello. Dopo anni di trend negativo finalmente incassi e visitatori sono tornati in attivo ed il ministero sottolinea il lieto evento con uno slogan” È passata ‘a nuttata” che fa il verso alla celebre battuta “Adda passa’ ‘a nuttata” ideata da Eduardo De Filippo per chiudere la sua Napoli Milionaria. Chissà cosa penserebbe Antonello Da Messina di quel sorrisetto da novella Gioconda.
Inoltre il governo si prende gioco anche dei critici, fermo restando che lo stesso governo ha messo Biennale e polo museale di Venezia proprio in mano ad uno dei critici più famosi d’Italia. Quindi, mentre tra battutine da avanspettacolo e fraintendimenti il governo ha già dato inizio alle pratiche autoincensatorie, sussistono intere collezioni lasciate a prendere polvere nei magazzini, vi sono incredibili carenze di personale che espongono al rischio chiusura molti spazi istituzionali, ed ancora esistono spazi che avrebbero bisogno di lavori di ristrutturazione e di un adeguato ammodernamento sotto il profilo didattico.
Organizzare notti bianche dell’arte serve fino ad un certo punto se poi non si è in grado di salvaguardare quello che già si ha. Bisognerebbe infine attendere almeno più di sei mesi per vedere se realmente è giunta l’ora di farsi i complimenti a vicenda. Forse la via giusta sarebbe quella di puntare ad una semi-privatizzazione, con finanziamenti da parte di sponsor nazionali ed esteri. Per adesso, se lo stato mi consente la parola, eviterei di buttar soldi in pubblicità figlie di strategie americane fine anni ’60.