Su Globartmag abbiamo più volte criticato manifestazioni creative mirate al sensazionalismo ed al puro spettacolo. Maurizio Cattelan, in particolare è stato uno fra i nostri più bersagliati obiettivi, vuoi per la natura spettacolare della sua arte, vuoi per il suo continuo irridere un sistema che comunque lo alimenta.
Eppure, ai tempi della sua irruzione all’interno della scena, Cattelan aveva ben compreso che il carrozzone artistico nazionalpopolare doveva essere in qualche modo costretto ad una reazione, anche in termini negativi. Il revisionismo è forse una pratica squisitamente italiana e noi di Globartmag non possiamo sottrarci a questa consuetudine. Bisogna quindi ammettere che in questi tempi incerti in cui la fotografia si lascia sedurre da meraviglie del digitale che uniformano ogni scatto, in cui la pittura è ancora imbrigliata dalle estetiche della Nuova Scuola di Lipsia e le installazioni diventano sempre più minimal-pretestuose, le provocazioni del buon vecchio Cattelan ci mancano da morire. Se non altro, azioni come quella dei “bambini impiccati” (o appesi come ha più volte precisato l’artista) avevano la forza di generare polemiche e roventi critiche, cosa che ormai accade di rado proprio per la mancanza di una sana piattaforma di confronto e di una natura più viscerale della pratica artistica. Purtroppo oggigiorno i critici son anche curatori e si guardano bene dal valutare obiettivamente il lavoro di un artista “protetto” da gallerie che in seguito potrebbero commissionargli nuovi lavori. Per i magazine d’arte ovviamente funziona un poco alla stessa maniera, non si parla male delle mostre organizzate da possibili inserzionisti.
Insomma in tutto questo rotear di baci ed abbracci servirebbe proprio una figura come Cattelan, non solo fra gli artisti ma anche fra gli addetti al settore. Oppure servirebbe la nostra volontà di ammettere limiti e possibilità di un sistema dell’arte tragicomico, in cui tutti, come noi del resto, vagano ancora alla ricerca di un cambiamento, invece di farne parte.