Nell’installazione Sale interne, pensata appositamente per lo spazio della galleria Sales di Roma, Flavio Favelli ricrea una sorta di intimità interiore, un’osmosi della nostra memoria riposta in un binomio tra intimo ed emotivo che coinvolgerà entrambi gli spazi della galleria. Nella sala grande è stata allestita una “stanza” con mobili e vecchie pareti di boiserie; nel secondo ambiente l’artista espone disegni e sculture. La sensazione è di entrare in un universo di ricordi che improvvisamente si materializza. Il progetto che inaugura il 12 ottobre è stato pensato dall’artista per trasmettere allo spettatore una sensazione di déjà vu.
Come spiega lo stesso Favelli, “per il titolo della mostra mi sono ispirato alle insegne luminose e ai cartelli vari con la scritta SALE INTERNE che vedevo sin da bambino…erano indicazioni perlopiù collocate nei ristoranti e trattorie, spesso con una freccia… ho pensato di realizzare nello spazio grande della galleria una stanza (m 7,50 x 3 circa) cercando di dare, a chi entra, una immediata idea di sospensione, un’immagine che richiamasse alla mente un ricordo, una visione di ambienti già visti. L’opera è una sorta di collage che può ricordare una canonica o una sala d’aspetto, un ufficio pubblico, ma anche un piccolo museo o una villa disabitata. Sul pavimento di legno nero, ho riprodotto una serie di disegni architettonici di piante delle nostre chiese storiche. L’insieme, a prima vista, fa pensare ad una decorazione floreale.”Il lavoro di Flavio Favelli è un operare sulla memoria. Sia le installazioni che le singole opere sono una sorta di assemblaggi di “oggetti e spazi preesistenti che acquisiscono attraverso i suoi interventi una nuova valenza simbolica e astratta molto potente. L’artista si appropria di materiali di scarto come vecchi tavoli, cancelli, panche, porte, balaustre, ballatoi, sedie, letti, specchi, tappeti e lampadari che monta caricandoli di suggestioni emotive, per creare opere dall’aspetto funzionale, capaci di trasformare l’atmosfera dei luoghi in cui vengono presentati. Le sue installazioni fanno emergere il valore estetico e poetico degli oggetti che popolano la nostra memoria” (Ilaria Bonacossa, 2007)