I corpi assenti nei tredici tavoli d’imbalsamazione di A Sad Bit of Fruit, Pickled in the Vinegar of Grief, l’opera realizzata da Kara Tanaka per la Collezione Maramotti di Reggio Emilia che sarà visibile al pubblico dal 24 ottobre 2010 al 31 gennaio 2011, dichiarano un rifiuto del desiderio di immortalità, la cui diffusa presenza ha permeato la cultura occidentale, che l’artista ritiene in una condizione di declino e di profonda crisi.
Non c’e’ infatti sintomo piu’ significativo di un desiderio di immortalità, espresso dall’uomo fin dalle prime forme di civiltà, del culto della perfezione del corpo, qui ed ora. E non sorprende se al deperimento di tale desiderio si accompagna una crescente obsolescenza della tensione metafisica nell’arte. Come la metafisica ha invaso e fecondato per millenni l’iconografia del corpo divinizzandolo, cosi’ l’arte oggi esplora l’iconografia della sua eventuale perdita. In Un triste pezzo di frutta, marinato nell’aceto del dolore, Kara Tanaka immagina una via d’uscita fisica dal conflitto che l’essere umano patisce tra corpo e coscienza, intravedendo la sparizione del primo e l’emigrazione della seconda al di là dei confini del sociale, nel cosmo che sempre piu’ la tecnologia ci avvicina, con l’accelerazione dello sviluppo e del ‘progresso’ della scienza. L’artista considera il presente come il passato del futuro: l’uomo si avvia a rinunciare al corpo, alla terra, per risolversi in pura coscienza.Il lavoro di Kara Tanaka costituisce pertanto una meditazione, permeata sia dalla tecnica che dalla filosofia, sulla sparizione di un corpo un tempo desiderato immortale in favore di un viaggio della coscienza nel cosmo. In A Sad Bit of Fruit, il corpo e’ contemplato nella sua futura assenza attraverso una dissolvenza raffigurata nei fluidi sanguigni che scorrono nei canali laterali dei tavoli d’imbalsamazione. I tredici tavoli dell’opera, identici nella fattura, sono stati fabbricati in vetroresina e poi dipinti con resina epossidica; il loro retro e’ rivestito di tela, che cita un’assenza della pittura, mentre la loro staffa di aggancio al muro, in alluminio anodizzato rosso, si relaziona col ‘sangue’ virtuale sul fronte dei tavoli, dipinto con uno smalto a base di resina. I tavoli aggettano dal muro, la loro pendenza e’ determinata dalle strutture triangolari che agganciano i tavoli alla parete con una inclinazione progressiva e simmetrica dai lati al centro. Il riflesso sul muro dei poliedri di sostegno produce un diffuso alone di luce rossastra intorno a loro, creando un’aura che fa eco al pigmento rosso che scorre dentro i canali dei tavoli. Il punto focale degli embalmer’s stones di Tanaka e’ il drain, lo scarico di metallo cromato, di fattura industriale, attraverso cui i fluidi mimetici del sangue vengono espulsi: esso diviene una metafora del passaggio dall’essere al non-essere. I drains di Tanaka sono l’atto conclusivo della costruzione intellettuale che l’opera mette in atto.
La Collezione Maramotti con questa mostra prosegue l’attività dello spazio progettuale, che ospita opere realizzate ad hoc dagli artisti invitati. Le opere divengono parte della Collezione permanente con l’obiettivo di fondere pratiche di acquisizione e di accrescimento del patrimonio iconografico con quelle della sua fruizione pubblica. Pattern room, cosi’ e’ titolato lo spazio, e’ il locale dove in passato quando l’edificio era fabbrica di produzione venivano realizzati modelli e prototipi. Dimensione progettuale e sperimentazione accomunano la vocazione di questo luogo, dal passato ad oggi.
Immagine: Kara Tanaka, A Sad Bit of Fruit, Pickled in the Vinegar of Grief, 2010, particolare di uno dei tavoli