Il 2 novembre del 1975 veniva barbaramente ammazzato Pier Paolo Pasolini. I motivi reali del’omicidio sono stati da sempre oggetto di mistero; le ipotesi (perfino da teorie del complotto) sono molte e nessuno sa dire ancora quali siano fondate. Tuttavia in un modo o nell’altro la sua omosessualità è stata di sicuro al centro dei nefasti eventi. Io nel 1975 ci sono nato. Come appassionato di cinema e come italiano, il Pasolini-pensiero, forse anche a causa della sua scomparsa, è stato per me direttamente leggenda. Oggetto di studio.
Il 2 novembre del 2010 la notizia di attualità interna sui giornali non è l’anniversario dei tragici eventi che coinvolsero una delle personalità più influenti della controcultura italiana degli ultimi 50 anni. La notizia sui giornali il 2 novembre 2010 è che il capo dello stato italiano sostiene che la vita che fa lui è sempre meglio che essere gay.
Non mi soffermo sulla mia rabbia, la reputo poco professionale.
Decido perfino di non pubblicare una delle spietate analisi di Pasolini stesso che coinvolgevano con lucidità il mondo della politica e della comunicazione, che pure rilette oggi, risultano ancora di grande modernità.
Decido che è più inattuale, e come tale, Pasoliniano (in maiuscolo), soffermarmi su una sua visione, un suo passaggio poetico, intimista, poichè in fondo è questo quello che mi manca. Decido inattualmente che è questo che, sì, vorrei da un mio Giovedì Difesa, parlando di cinema: pubblicare una poesia di Pasolini.
Rileggerci dentro, con coraggio, tutti noi, non solo Roma, ma l’Italia, le origini, l’inquietudine, l’amore. L’amore di cui sono orgoglioso.
“Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone. O guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti della Dopostoria, cui io assisto, per privilegio d’anagrafe, dall’orlo estremo di qualche età sepolta. Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro più moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono più.”