Gagosian Gallery è lieta di presentare due nuovi dipinti di Takashi Murakami in occasione della sua prima mostra monografica a Roma (13 novembre – 15 gennaio 2011).
Le due imponenti opere, Dragon in Clouds – Red Mutation e Dragon in Clouds – Indigo Blue, sono composte ciascuna da nove pannelli per una lunghezza totale di diciotto metri. I dipinti raffiguranti dragoni e nuvole, conosciuti come Unryūzu, sono stati fondamentali punti di riferimento anche per Soga Shōhaku, artista giapponese del Settecento la cui creatività eccentrica e coraggiosa è stata di grande ispirazione per Murakami. Queste peculiari rappresentazioni della tradizione mitologica giapponese hanno permesso a Shōhaku di immergersi in un mondo fantastico in cui ricche macchie di inchiostro tendono all’astrazione, trasformando il drago in un mostro animato che contrasta con rappresentazioni più benigne e convenzionali. A differenza delle connotazioni negative dell’iconografia occidentale, il dragone giapponese – risultante dell’iconografia buddhista nata in India e migrata poi in Cina e Giappone – è considerato simbolo di buona fortuna ed ottimismo. Numerosi templi shintoisti e buddhisti in Giappone sono dedicati al dragone, denotando così il prestigio della creatura. Nonostante queste opere monocromatiche in acrilico si differenzino dalla precedente tavolozza multicolore dell’artista, Murakami continua a trarre ispirazione da varie fonti: dai simboli religiosi del Giappone fino al popolare videogioco Blue Dragon. In Dragon in Clouds – Red Mutation, i contorni volumetrici delle energiche forme circolari e dei grandi artigli si distendono sulla tela, mentre il gioco di chiaroscuro delle squame sul corpo del dragone replica gli effetti dei dipinti saturi di inchiostro di Shōhaku.
Il “drago rosso” fa riferimento all’eponimo romanzo di Thomas Harris, ispirato alla serie di acquerelli Great Red Dragon di William Blake, oltre che ai generosi poteri attribuiti dalla cultura orientale a questa creatura. In Dragon in Clouds – Indigo Blue, segni vorticosi circondano le pupille del drago e, assieme alle narici dilatate e ai baffi serpeggianti, creano un turbolento insieme visivo. Le dimensioni dei dipinti di Murakami rimarcano l’intensità psicologica necessaria alla creazione di un’immagine che ha provocato forti reazioni quando fu per la prima volta collocata nei templi giapponesi secoli fa. Nelle rielaborazioni monumentali di Murakami, il dragone diventa un elemento anticipatore del legame intrinseco fra arte e psiche.
Nel suo caratteristico stile “Superflat”, che utilizza raffinate tecniche pittoriche della tradizione giapponese per creare una rappresentazione bidimensionale carica di contenuti pop, manga ed otaku, Murakami spazia liberamente all’interno di un campo in continua espansione di problematiche estetiche e spunti culturali. Parallelamente ai rinomati temi utopici e distopici che raffigurano masse di fiori sorridenti, fumettistiche scene apocalittiche e le figure cult di DOB, Mr. Pointy, Kaikai e Kiki, l’artista rivitalizza storie di trascendenza ed illuminazione spirituale, spesso includendo ulteriori figure di sapienti. Riprendendo i soggetti religiosi e secolari prediletti dagli artisti giapponesi del periodo moderno cosiddetti “eccentrici” o anticonformisti (comunemente considerati controparte della tradizione occidentale romantica), Murakami si pone nell’eredità di forte individualismo da questi lasciata ma in una maniera che gli è propria e che rispecchia la sua epoca.