Si trova in questi giorni nei cinema, in maniera abbastanza innosservata, il sequel del caso horror del 2007, Paranormal Activity. Si trattava di un film a basso budget diretto dal regista israeliano Oren Peli, peraltro co-produttore del sequel. Paranormal Activity 2 è invece diretto dal regista Kevin Greutert, lo stesso di Saw VI.
Inizio col dire che uno dei principi fondamentali dell’orrore o meglio della paura, è raccontare una storia, ovvero dare la certezza, o quantomeno il dubbio, che “i fatti straordinari” che si stanno narrando siano davvero avvenuti. Ovvero che l’orrore sia possibile. Per accentuare questa sensazione da qualche tempo a questa parte si è creato un vero e proprio filone, post The blair withc project forse, che narra gli episodi a partire dal nastro registrato dai protagonisti dei fatti.
In un momento in cui la tecnologia in maniera low budget può sostenere l’idea, assistitiamo al fiorire di operazioni in digitale che effettivamente rendono i fatti paurosi più vicini, dando l’idea che siano testimoniati e non raccontati. La “testimonianza” dei fatti ha assunto finora le più varie sfumature, anche di copy strategy, proprio a partire da The blair witch project con la notizia della sparizione dei protagonisti, non attori, ma ragazzi sulle tracce della strega.
Si sono succedute altre operazioni simili, ma anche semplicemente film in digitale che rendevano comunque i fatti narrati illusoriamente vicini e più spaventosi, anche senza finte notizie a supporto. È invece in una zona di riflusso che situo questo film. Il 2 di paranormal activity presenta una novità. Mentre il primo episodio era ancora un nastro ritrovato, una registrazione fatta dai protagonisti, nel secondo la storia viene seguita “inquadrandola” dalle telecamere realmente presenti, ovvero seguendo la consecutio tempore, ma senza un ritrovamento di nastro, un regista o un operatore annunciato. Dunque i fatti scorrono soltanto ripresi da diverse telecamere, ivi comprese quelle di sorveglianza. La storia improvvisamente torna film, nè nastro, nè racconto del montatore: film testimoniato e ripreso da una regia divina.
Il misterioso montaggio all’inizio mi infastidiva poi ho iniziato a vederlo come una regia. I fatti sono stati registrati e narrati solo per il cinema, palesemente eppur nascostamente. Il film è affascinante come il primo, succede molto poco ma quel poco è molto ben giocato sui tempi. Forse il doppio finale rischia di apparire un pò troppo esibito, ma comunque un’operazione interessante.