Dopo che i conflitti d’interesse della stagione 2009 del New Museum di New York hanno irritato non pochi addetti del settore e semplici appassionati e dopo che il board del MOCA di Los Angeles ha scelto come direttore un astuto dealer come Jeffrey Deitch piuttosto che un curatore d’arte contemporanea, ci ha pensato il Whitney Museum a confermare questo trend tutto americano il quale sta trascinando l’arte verso il mercato puro. La celebre istituzione ha infatti scelto i suoi due curatori per la Whitney Biennial del 2012, fermo restando che il lavoro svolto quest’anno da Francesco Bonami è stato semplicemente perfetto.
Ebbene per la prossima Biennale è stata chiamata Elisabeth Sussman e fin quì tutto bene, poiché parliamo di un curatore di grande professionalità e vasta esperienza che svolgerà senz’altro un ottimo lavoro. Elisabeth Sussman ha inoltre già curato una Whitney Biennial, quella del 1993 ad esser precisi, quella volta però il suo lavoro fu duramente criticato, ma tutto questo fa parte del mestiere. Il vero problema è che per affiancare la Sussman è stato scelto Jay Sanders, ex direttore della Greene Naftali Gallery di New York. Ebbene stiamo parlando di un vero volpone del mercato che ha già organizzato molte mostre di successo. Tutto ciò non fa altro che confermare un processo operativo che ha ben poco a che fare con la creatività disinteressata da offrire alla comunità.
Invece di pensare ad organizzare una buona mostra, i musei americani si preoccupano di far entrare nelle loro stanze artisti che godono di un valido supporto da parte del mercato. Questi giovani squaletti della finanza vengono accuratamente selezionati da operatori astuti e ben ammanicati che dopo l’evento riescono a rassicurare intere schiere di collezionisti, pronte a comprare ma solo sul sicuro. E non c’è niente di più sicuro di un artista che è stato “validato” da una prestigiosa istituzione.