Il mondo dell’arte dei nostri giorni è costantemente ossessionato dal concetto di presenza. Artisti, critici, gallerie nessuno riesce a sottrarsi ad un presenzialismo dove l’apparire sembra contar più dell’essere ma esserci è fondamentale per non sparire e venir dimenticati. Eppure non tutti scelgono la strada dell’iper-promozione della propria immagine come unica ragion d’essere. Una voce fuori dal coro del presenzialismo è da ricercarsi nella figura mitologica dell’artista Lee Lozano (1930-1999) che giunta ad un buon grado di notorietà nel 1970 decise di sparire progressivamente dal mondo dell’arte, finendo poi per farsi seppellire in una tomba completamente anonima.
Forse questo esempio potrebbe sembrarvi un poco eccessivo ma c’è da dire che le opere di Lee Lozano sono riuscite ad oltrepassare la presenza fisica dell’artista, giungendo sino ai nostri giorni con una potenza creativa inalterata. Sparire dalle scene per poi esser comunque presente tramite la sola forza della propria arte è anche il segno distintivo di artisti come Tehching Hsieh che decise di non mostrare in pubblico la sua arte dal 1986 al 1999 (performance intitolata Thirteen Year Plan) salvo poi ritirarsi definitivamente dalla scena artistica il 1 gennaio del 2000 mediante un comunicato-performance su cui era possibile leggere “Mi sono tenuto in vita, ho passato il 31 dicembre 1999″. Anche questo esempio potrebbe farvi sorridere o comunque lasciarvi perplessi, ma stiamo parlando di uno dei più grandi maestri della performance art, una figura chiave che ha scelto l’assenza come unica forma di presenza. Certo vi è poi chi ha lasciato un segno nella storia dell’arte anche grazie alla sua presenza, parlare di Andy Warhol è d’obbligo in questo caso. Ma Warhol non puntava unicamente sulla sua presenza, il suo lavoro sull’immagine e sul divismo era ben diverso da quello che si vede al giorno d’oggi.
Viviamo in un’epoca dove pagelle e classifiche sono entrate di diritto nel mondo dell’arte, dove è importante mostrare la propria immagine ed il proprio nome sempre e comunque. In fiera, sul magazine, sul blog, l’importante è che nomi e facce siano ben visibili e riconoscibili. In tutto questo meccanismo l’opera arriva sempre dopo, in un secondo momento.
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