Ed alla fine l’eccentrico magnate, matematico e giocatore d’azzardo professionista David Walsh è riuscito a coronare il suo sogno di inaugurare il non-museo che da diverso tempo gli ballava nella mente. I fedeli lettori di Globartmag ricorderanno sicuramente il nostro precedente articolo sul MONA o la Disneyland sovversiva come l’ha definita proprio Walsh. Ebbene per chi se lo fosse perso, ricordiamo che il MONA è il nuovo Museum of Old and New Art e non una parolaccia del triveneto. L’istituzione, situata in Tasmania, ha aperto le porte ai visitatori proprio alcuni giorni or sono ed ha inaugurato la stagione con Monanism, una mostra già chiacchieratissima.
Il fatto è che il MONA non è un museo come tutti gli altri, all’entrata invece di esserci una normale biglietteria o information desk o quanto altro c’è un bel bancone bar dove è possibile gustare un’infinità di gustosi cocktails, anche se non è permesso entrare nelle gallerie con il bicchiere in mano. Inoltre la pianta del museo è un vero e proprio labirinto ed alcuni soffitti sono bassi ed alcuni spazi talmente ristretti da non poter contenere più di un’installazione. Il visitatore si perde quindi in un intricato gomitolo di passaggi che tra l’altro sono anche poco illuminati. Non esistono etichette o didascalie vicino alle opere ma tutti i visitatori sono dotati di un MP3 player con touch screen in grado di rilevare la posizione del visitatore rispetto l’opera in visione e fornire tutte le informazioni necessarie circa l’artista e l’opera appunto.
Ma la caratteristica più originale (e dobbiamo aggiungere non poco affascinante) del MONA è che il museo non è destinato a durare per sempre: “Guardo sempre al futuro e non mi importa niente della longevità, altrimenti non avrei costruito un edificio a pochi metri dal livello del mare. Ed è noto che il fiume Derwent (nei pressi del MONA) sommergerà l’intero museo tra poco più di 50 anni” ha dichiarato Walsh. Insomma a noi di Globartmag il MONA sembra proprio un museo delle stranezze più che di arte contemporanea ma varrebbe sicuramente la pena visitarlo almeno una volta nella vita.