DROME magazine ci conduce in un viaggio a ritroso nel tempo che ci porta fino all’infanzia, fino all’arte del possibile e del senso non finalizzato, dell’incredibile e dello stupefacente, per un numero che, come i bambini, pone tante domande e si diverte nel suggerire qualche risposta.
Ecco qualche passaggio in ordine sparso. La copertina di Jacqueline Roberts, ultima scoperta di DROME in fatto di fotografia, catapulta nella Spagna di Velázquez e delle corti, con l’incanto di una menina contemporanea che ne raccoglie gli intenti, sorella delle altre fanciulle fuori dal tempo che popolano il numero: le novelle eroine di miti e leggende di Marie Hendriks, o le indimenticabili protagoniste delle fiabe di Andersen nella parte moda, dove i redazionali sono veri e propri progetti artistici. Ma le narrazioni dei più giovani non sono sempre rassicuranti, anzi. Un elogio alla complessità di questi sguardi candidi e feroci che aiutano a crescere, lo fa anche il minisaggio di Rebecca Rossi sulle scritture dell’infanzia. Così come Lorenzo Mattotti e la fiaba per DROME di Sada Ranis con le illustrazioni di Zaelia Bishop. Se gli enfants terribles ricci/forte, in palcoscenico come a dialogo nel synusi@blog (mai così denso), si scagliano poeticamente contro i pericoli del pensiero affermativo, destabilizzante può risultare Jonathan Meese, nell’intervista-manifesto che apre il numero, mentre foto e sculture del norvegese Simen Johan cullano tra il sogno e l’incubo. Altre, poi, le prospettive messe in campo nel dialogo tra il teorico del design Lorenzo Imbesi e il duo vincitore dello smart future minds award per l’Italia, LPU, che ci ricorda come, attraverso il gioco situazionista, si possano riconquistare spazi e migliorare stili di vita.
Alla fotografia è consacrata nel numero particolare attenzione e non è un caso che tra i suoi protagonisti figuri Göksin Sipahioglu. Da un maestro a due astri nascenti, autori dei portfolio presentati: il duo FRP2, dove i cuccioli d’uomo si uniformano ad ambienti inquietantemente perfetti, e Eugen Laitenberger, che mette in campo sfrenati adulti mai cresciuti. E, ancora, Robin Rhode, incontrato a Berlino per una lunga chiacchierata con foto ricordo, Stefan Constantinescu, che ci racconta con il suo pop-up book, la sua infanzia nella Romania della dittatura e, sempre ad est, il bulgaro Nedko Solakov, con le sue microstorie sopra le righe abitate da personaggi immaginari.
Leggero, libero e colto è l’incedere della designer Andrea Ayala, così come poetici sono i due inspired by DROME: se Georgia Galanti concepisce immagini delicate come l’infanzia, altrettanto lieve, ma anche magico, è l’Acchiappasogni per camerette che DROME ha ispirato a Mai Miyake. Ma di poteri taumaturgici si parlerà ancora: dopo l’infanzia, DROME si annuncia soprannaturale! Poi è altro ancora, e arriva DROMELAND, ovvero ciò che vale la pena leggere, ascoltare, scoprire.
Foto: Jonathan Meese, Untiteld, 2010, mixed media, photo Jan Bauer.net, courtesy Jonathan Meese.com