Where is my place? Dov’è la mia casa? Qual è la mia patria e il luogo dove mi riconosco? I sentimenti che legano un individuo al proprio territorio e alla collettività di appartenenza sono stati spesso associati all’idea di nazione, che ha visto però nel tempo mutare le proprie connotazioni rivelandosi, soprattutto in epoca recente, un concetto di non facile definizione. In un percorso di oltre 50 opere provenienti dalla collezione di fotografia contemporanea, video e film d’artista della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, la mostra organizzata dalla Fondazione Bevilacqua La Masa e da Fondazione Fotografia, che si terrà dal 4 marzo al 1 maggio 2011 nella sede di Galleria di Piazza San Marco a Venezia, si confronta con le diverse questioni connesse con l’identità nazionale, con le evidenti contraddizioni e con possibili prospettive.
Il moderno concetto di nazione viene formulato per la prima volta nell’Ottocento: sulla spinta delle idee romantiche di rivalutazione dell’individuo, esso promuoveva l’affermazione della singolarità di ogni Paese quale realtà unica e irripetibile, con un proprio territorio, una propria storia e una propria cultura. Se per più di un secolo questa idea è stata una realtà concreta nei sentimenti dei singoli cittadini come nella rappresentazione della geopolitica mondiale, oggi, alla luce delle profonde trasformazioni seguite all’imporsi di nuovi fenomeni globali, il valore dell’entità nazionale non è più così certo e immutabile. Alle azioni dei governi si contrappongono economie e politiche sovranazionali i cui effetti e le cui ripercussioni non sono più direttamente controllabili dai singoli Stati. Lo stesso insieme di valori che identificava l’unicità di una nazione rispetto alle altre diventa sempre meno rilevante, in un sistema globale dominato dalle contrapposizioni per grandi blocchi culturali.
Se l’attualità del concetto di nazione sembra soffrire di un’inevitabile rimessa in discussione, le sue criticità appaiono evidenti in molti lavori dei 18 artisti in mostra che, spesso a partire dal confronto con il contesto di provenienza dei singoli autori, rimandano a un quadro non certo rassicurante.
In ogni parte del mondo nascono movimenti ultra-nazionalisti, molto distanti tuttavia dagli ideali del passato. Reazioni di chiusura contro gli effetti delle rapide mutazioni sociali, spesso dettati da particolari interessi politico-economici, essi trovano nell’instabilità contemporanea un terreno fertile per prosperare. Nella lucida analisi proposta dal video di Renata Poljak appare un ritratto della neonata società croata in cui le tensioni nazionaliste si fondono con un diffuso atteggiamento arrivista ad ogni livello sociale e retaggio della violenza che ha contraddistinto la storia recente del Paese. Il passamontagna con il tricolore romeno indossato da Alexandra Croitoru sullo sfondo di spiagge tropicali e villaggi vacanze rimanda con ironia al nazionalismo sempre più radicato nel suo Paese, ricordando però allo stesso tempo quanto l’appartenenza nazionale – così esaltata in Patria – una volta all’estero sia un segno distintivo di cui non è più possibile disfarsi.
La realtà presente è il campo in cui ricercare e continuamente riverificare la propria identità, personale prima ancora che collettiva. E quella “nazionale” non sempre sembra delinearsi come una categoria direttamente rappresentativa degli individui che ne fanno parte. Il lungo progetto di Anastasia Khoroshilova, che coi suoi ritratti della popolazione russa perquisisce l’enorme territorio del suo Paese ricercando i segni tangibili di una comunanza, trova una moltitudine di popoli legata forse più dai traumatici trascorsi storici che da una reale vicinanza culturale.
Identità al limite, negoziate oppure perdute, sono al centro di altri lavori che ridiscutono i confini della singola appartenenza nazionale. Come le immagini di Ahlam Shibli, che mostrano la condizione straniante di una comunità di beduini palestinesi, da diverse generazioni arruolati volontari nell’esercito israeliano: emarginati dal resto dei connazionali, essi non si sono mai realmente integrati nella nuova comunità e continuano a vivere in una condizione di esclusione. O ancora, come il video di Wong Hoy Cheong che mette emblematicamente in scena un ribaltamento dell’intera storia coloniale e degli stereotipi nazionali, trasmettendo su una fittizia emittente tv le tristi storie di immigrazione dei poveri austriaci trasferiti nella ricca Malesia.
Soffermandosi su aspetti sociali o su ricerche propriamente esistenziali, le opere in mostra invitano a una maggiore consapevolezza sulle questioni connesse con il sentimento nazionale e con i rischi delle sue deformazioni. Il film di Yael Bartana lancia un chiaro messaggio di pace: un uomo si avvicina a uno scoglio dov’è piantata una bandiera israeliana, la sradica e al suo posto vi pianta un ulivo, come per invocare una nuova azione costruttiva che sappia sostituirsi ai nazionalismi più estremi. E’ un passaggio verso il futuro, verso un domani aperto e ancora da delineare. Allo stesso modo, anche altri lavori sembrano restituire peso all’autocoscienza di ognuno, riportando sul singolo il compito di ridefinire la propria società. Nella sua serie “Kultur und Freizeit” Andreas Fogarasi ripercorre l’evoluzione dei luoghi di cultura di Budapest, diretta riflessione delle ideologie che hanno scandito le diverse epoche e che una volta esaurita la loro attualità politica hanno lasciato spazi per lo più inutilizzati. Se sia possibile riattivarli nuovamente e come, è una questione non solo di tipo gestionale ma propriamente legata all’idea collettiva di cultura. Infine, il video di Yang Fudong delinea un nuovo orizzonte di libertà personale. Sullo sfondo dello stesso paesaggio si incrociano i cammini di due diverse coppie: una in fuga dalla frenesia metropolitana intravede il suo futuro nell’isolamento della montagna, l’altra fugge da questa nella speranza di una nuova vita nella modernità. Nessun luogo può essere eletto a custode di valori universali, ma solo di quelli che le persone decidono di trovarvi.
Artisti in mostra: Ai Weiwei (Cina), Marika Asatiani (Georgia), Maja Bajević (Bosnia), Yael Bartana (Israele), Alexandra Croitoru (Romania), Andreas Fogarasi (Austria/Ungheria), David Goldblatt (Sudafrica), Swetlana Heger (Repubblica Ceca), Anastasia Khoroshilova (Russia), Daido Moriyama (Giappone), Aleksander Petlura (Ucraina), Renata Poljak (Croazia), Wael Shawky (Egitto), Ahlam Shibli (Palestina), Jinoos Taghizadeh (Iran), Guy Tillim (Sudafrica), Wong Hoy Cheong (Malesia), Yang Fudong (Cina).
Foto: Yang Fudong, The Half Hitching Post, 2005, Single channel video, 35 mm, 7’, Courtesy Fondazione Cassa di Risparmio di Modena