Molto tempo fa i protagonisti dell’arte contemporanea erano artisti equipaggiati di una vasta cultura, di visionarietà e gusto. Andando in giro per mostre era facile notare come ogni artista fosse dotato di un suo stile ben definito proveniente da una ricerca unica, non stiamo parlando di riconoscibilità ma di un’estetica e di una valenza filosofica mai fini a se stesse e soprattutto diverse, dissimili fra loro pur se provenienti da eguali correnti.
I protagonisti della Land Art o del Minimalismo ad esempio, perseguivano gli stessi intenti ma le variegate sperimentazioni e tecniche portavano ogni artista su binari ben diversi da quelli percorsi dai suoi illustri colleghi. Oggigiorno trovare simili differenze tra le nuove leve dell’arte diviene sempre più difficile, specialmente quando si parla di installazioni. Le parabole estetiche sono sempre più incrociate e tra found objects e materiali edili è sempre più difficile capire chi ha fatto cosa. Concettualmente parlando va invece di gran moda l’operazione documentaristica vale a dire la ricostruzione di un evento storico o sociale attraverso l’uso e l’accostamento di disparati media e testimonianze oggettive. Questa critica non è frutto di un’analisi facilona e demagogica ma di una considerazione pensata attraverso gli occhi del fruitore. Tutto funziona un poco come gli spin paintings di Damien Hirst, mentre il disco gira basta versare il colore ed avrete un dipinto sempre diverso ma sostanzialmente uguale agli altri.
Ad essere messa in discussione è quindi la tanto sospirata identità individuale, quella componente insostituibile che rende ogni artista un generatore di opere uniche. C’è una disperata necessità di idee e contenuti non intercambiabili e questo è un bisogno che può essere soddisfatto solo da giovani artisti liberi dalle mode del momento e dalla durezza di ricerche impersonali. Molti talenti emergenti sono già sulla buona strada, sono loro che rappresenteranno il vero cambiamento all’interno della nostra immobile e politicizzata scena nazionale.
Micol Di Veroli
Alessio 7 Febbraio 2011 il 12:47
propongo di stampare e volantinare questo articolo!
Domanda:
i curatori spesso chiedono idee, identità e ricerca stilistica supportata da una teoria da parte dell’artista…e questo è lodevole! Ma i galleristi sono sempre disposti ad osare e ad investire di fronte a idee nuove ed originali (spesso complicate) da parte di un artista non troppo conosciuto?
Micol Di Veroli 7 Febbraio 2011 il 12:57
Caro Alessio,
Purtroppo i galleristi per ovvie ragioni di mercato non supportano (le idee nuove ed originali) di giovani artisti soprattutto quando essi non sono a loro volta appoggiati da istituzioni pubbliche o private, da collezionisti o da critici di grido. E’ un circolo vizioso e questo l’ho scritto più volte in diversi articoli…questa è la cruda verità!
Luca Rossi 7 Febbraio 2011 il 13:08
Condivido Micol! Attendo le tue risposte per la nostra intervista.
Luca
Alessio 7 Febbraio 2011 il 13:26
è la cruda verità…d’accordo!
allora noi nel continuo tormento di crisi creative, di approfondimenti teorici e di ore ed ore passate in studio a provare, sperimentare, tentare qualcosa che non sappia di retorico o di autocompiacimento …dobbiamo avere anche la consapevolezza che nessuno proverà a conoscere quello che stiamo cercando?
Allora siamo degli inguaribili romantici o degli ostinati ricercatori…perchè ci proveremo sempre, anche non avendo il giusto santo nella giusta parrocchia; continuando a corteggiare la bella Arte finchè non ci degni dello sguardo più bello.