La Galleria Umberto Di Marino inaugura il 24 febbraio la nuova personale di Jota Castro dal titolo memento mori. Riprendendo il discorso ironicamente interrotto con la precedente mostra del 2006, conclusasi con un volo azzardato nel vuoto, preso a metafora dell’atteggiamento suicida di un’Europa che non affronta apertamente i suoi reali problemi, questa volta le opere esposte lanciano un nuovo monito.
L’artista, attento alle dinamiche socio-economiche del Vecchio Continente, analizza i fallimenti del sistema ed i disturbi di percezione che ne derivano, per mostrarne i limiti e rivelare quanto questi siano questioni strutturali che minacciano la sussistenza stessa dell’identità e dell’economia europea.
Panem et Circenses è, infatti, un lavoro composto da piccole tavole marmoree, su cui sono scolpiti quelli che l’artista considera i principali problemi, le emergenze che pesano sulle direttive politiche ed economiche. A sorreggerle è un metro, che per contrasto simboleggia la razionalità su cui si fondavano le premesse iniziali di questa comunità.
Le illusioni, invece, s’infrangono in Quasso Cruris: un pallone da calcio in marmo, metafora di quella passione calcistica, soprattutto italiana, divenuta il più democratico strumento di evasione dalle frustrazioni sociali. Sintetizza ed eleva questa riflessione, quindi, NFFNSNC (non fui, fui, non sum, non curo), l’iscrizione ritrovata sulle antiche tombe romane ed incisa sulla base di una scultura in forma di pallet, a rappresentare la tentazione autocelebrativa in cui l’Europa spesso incappa, rendendosi poco flessibile e quindi incapace di essere attuale. Lo stesso pallet, utilizzato per muovere i carichi nei porti, rimanda ad un sistema economico incrinato anche nella città di Napoli per via della concorrenza cinese.
Allo stesso modo il sacchetto di spazzatura in marmo, Cornu Copiae, diviene risultato ultimo di un consumismo estremizzato, di cui ancora nessuno accetta la responsabilità, mentre la serie Ignobilis presenta fredde lapidi su cui sono incise le sagome dei paesi considerati a rischio a causa delle proprie contraddizioni interne o storiche, ma anche semplicemente attraversati dall’artista in un melanconico omaggio alla propria vita errante.
Ritornano infine le barriere soprattutto mentali nel filo spinato di Euphorbia Milii, che attraversa tutto lo spazio della galleria, puntando il dito contro quelle premesse sociali come l’ossessione per la sicurezza, la famiglia e la religione, che ostacolano un reale sviluppo dell’Europa. Una mostra dunque, questa di Jota Castro, in cui la durezza del marmo sta a rappresentare la criticità prolungata del momento storico vissuto dal Vecchio Continente, la nobiltà del materiale per non dimenticare la forza del proprio passato e di una cultura diventata vessillo ma non strumento di emancipazione democratica.