La Galleria Nazionale d’Arte Moderna annuncia una importante mostra dedicata al rapporto di fascinazione fra l’arte inglese del XIX secolo e la cultura artistica italiana, dal “gusto dei primitivi” al pieno Cinquecento, partendo dai paesaggi di ispirazione italiana di William Turner, attraverso gli studi di John Ruskin su cicli pittorici, monumenti e architetture. A distanza di 25 anni dalla fortunata retrospettiva dedicata a Burne-Jones, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna torna il 23 febbraio con una grande mostra sull’arte inglese del secondo Ottocento in cui sono esposte più di 100 opere, provenienti da prestatori privati e musei internazionali, molte delle quali per la prima volta in Italia.
Il nucleo principale della rassegna comprende i preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones, William Morris e indaga la particolare declinazione del classicismo nell’ambito della Royal Academy operata da artisti come Frederic Leighton e da rappresentanti della cultura estetica e simbolista come Albert Moore, George F. Watts e John William Waterhouse.
Un aspetto particolarmente significativo dell’esposizione verte sul rapporto tra le opere inglesi e i prototipi italiani che ne hanno costituito il modello iconografico e la suggestione formale: sono esposti dipinti di Giotto, Crivelli, Carpaccio, Botticelli, Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio, Bergognone, Luini, Tiziano, Veronese, Tintoretto – a testimoniare, pure nella diversità di clima culturale, la loro incidenza in area inglese. Ciò consente anche di evidenziare singolari letture critiche, suscettibili di continue evoluzioni nel corso del secolo, come la predilezione di Ruskin per Luini, anche rispetto a Leonardo, e il suo rifiuto di Michelangelo, pure destinato ad avere una rilevante influenza in ambito tardo preraffaellita e simbolista.
La passione per l’Italia ha un complesso fondamento critico negli scritti di Ruskin, nelle originali letture del nostro Rinascimento ad opera di Swinburne, insieme ai saggi di Walter Pater su Giorgione, Botticelli, Michelangelo e Leonardo, testi che hanno inciso profondamente nel diffondersi di un preciso orientamento su uno stretto cenacolo di letterati, artisti, critici e committenti.
Altrettanto importante è, infatti, il forte incremento in Inghilterra, fin dall’inizio del secolo, di un collezionismo pubblico e privato di arte italiana, che confluirà nella formazione del primo nucleo della National Gallery (1834), costituito da importanti acquisti provenienti dalla dispersione di patrimoni prevalentemente aristocratici del nostro paese.
Una sala della mostra è dedicata alla diffusione del “gusto dei primitivi” italiani, documentato attraverso una selezione di cromolitografie della popolarissima Arundel Society, di incisioni di Carlo Lasinio dagli affreschi del celebratissimo Camposanto di Pisa e da incisioni di William Young Ottley ispirate agli ‘Old Masters’ della scuola fiorentina.
A chiusura dell’esposizione viene presentata una sezione di artisti italiani – Nino Costa, Giulio Aristide Sartorio, Adolfo De Carolis, Gaetano Previati – che negli ultimi decenni del XIX secolo, proprio attraverso la scoperta dei “preraffaelliti” inglesi, recuperano la tradizione artistica del Rinascimento come matrice culturale ed ideologica dell’identità italiana.
Immagine: Dante Gabriel Rossetti. Venus Verticordia, 1864-1868. Olio su tela, cm 83X70. The Russell-Cotes Art Gallery and Museum, Bournemouth