Le dimissioni del Cda del museo MADRE di Napoli, maturate in questi ultimi giorni hanno creato un ulteriore caso all’interno della situazione “emergenza arte contemporanea campana”. Il comunicato stampa emanato dalla fondazione parla di dimissioni “per senso di responsabilità e in coerenza con la dignità del ruolo finora ricoperto il Presidente Oberdan Forlenza, il Vicepresidente Achille Bonito Oliva e il Consigliere Enrico Santangelo, i quali hanno restituito le cariche nelle mani del Presidente Caldoro con lettera raccomandata inviata il 17 febbraio, evitando in questo modo l’insorgere di un conflitto istituzionale con la Regione Campania.”.
Ieri è stato proprio Achille Bonito Oliva, sulle pagine de La Repubblica, a rilanciare la posta con una lunga intervista in cui il celebre critico definisce la politica di centrodestra come priva di progettualità culturale e di personale intellettuale, brava solo a tagliare teste. Bonito Oliva invita i fa infatti riferimento alla decapitazione dei vertici del Ravello festival, del Napoli Teatro festival, del Trianon, del Mercadante ed ora del MADRE. Insomma tra conflitti e brogli politici, a perderci come al solito è sempre la cultura. Ma perchè si è giunti a queste repentine dimissioni? L’abbandono del Cda è stato dettato dalle pressioni della Regione per la modifica dello statuto della fondazione che ipotizzava fra l’altro l’entrata di un gallerista privato nel comitato scientifico atto a decidere gli acquisti delle opere. Insomma anche il MADRE vorrebbe imitare il MOCA di Los Angeles, ossia assoldare un suo Jeffrey Deitch, creando così un enorme conflitto di interessi. Inutile aggiungere che un gallerista privato farebbe i propri interessi e quelli dei suoi artisti, con un occhio di riguardo per i suoi collezionisti.
Le quotazioni delle opere, una volta giunte all’interno di una sede istituzionale, aumenterebbero a dismisura e tutti sarebbero felici e contenti. Del resto il New Museum di New York è stato duramente criticato per questi intrallazzi limacciosi ed ora è poco amato dalla comunità artistica locale e dagli amanti dell’arte contemporanea. Ma il gioco dei signori dell’arte non è quello di portare il pubblico all’interno del museo, a loro interessano solo le quotazioni delle opere e i favori politici che esse riescono a produrre.