La galleria Fabio Paris Art Gallery di Brescia inaugura oggi la mosta In Google We Trust, la prima personale dell’artista italiano Carloalberto Treccani (Brescia 1984), a cura di Domenico Quaranta. La mostra raccoglie gli esiti recenti di due progetti distinti, ma accomunati da un’analoga riflessione su come i mezzi di comunicazione stiano cambiando in maniera irreversibile la nostra percezione del territorio e della sua rappresentazione simbolica.
La “democratizzazione” della visione satellitare, fino a pochi anni fa privilegio di enti e autorità politiche, attraverso servizi come Google Earth, non ha solo normalizzato la rappresentazione simbolica – sovrapponendo perfettamente mappa e territorio – e tolto al nostro pianeta ogni aura di mistero; ha anche offerto a chiunque un punto di vista nuovo sul mondo e sulla realtà. Il ciclo “Alfabeto per l’edilizia” (2006 – in corso), rappresentato in mostra da tre lavori, raccoglie i frutti di una paziente esplorazione di Google Earth alla ricerca di edifici che, osservati dal satellite, rivelino analogie con le lettere dell’alfabeto. Questa pratica, ormai condivisa da un ampio numero di persone, serve a Treccani per mettere a punto un linguaggio poi utilizzato per comporre frasi che sono, di volta in volta, delle ambigue allusioni al proprio lavoro di esplorazione, scoperta e di composizione (come In Google We Trust, 2010 o Inaspettatamente. Omaggio a Boetti, 2010) o delle tautologiche descrizioni dello spazio reale in cui questo spazio simbolico si ricompone (come Travel Around the World in 324 Centimeters, 2011).
Questo interesse per la cartografia ritorna nel ciclo “Google Map” (2011), in cui Carloalberto Treccani si serve dell’iconografia a cui Google e analoghi servizi di mappatura e geolocalizzazione ci hanno abituati per tracciare viaggi immaginari su mappe reali, terresti o celesti.
Ritorna, in questo lavoro, un tema caro all’artista, esplorato in forme diverse in tutto il suo lavoro: quello dello schermo come costante del vissuto contemporaneo, perno di una svolta antropologica che stiamo vivendo nel suo svolgersi. In questo caso, lo schermo diventa la metafora a cui si adatta ogni rappresentazione simbolica, compresa la millenaria pratica della cartografia; e il luogo in cui il viaggio non viene solo rappresentato o simulato, ma anche, in molti casi, realmente compiuto. In questo modo, Treccani si riaggancia alla tradizione, esplorata da Luigi Ghirri nel suo Atlante (1973), della fotografia come rappresentazione di rappresentazioni e del viaggio come “scoperta dell’avvenuta scoperta”.
Carloalberto Treccani ha esposto il suo lavoro, tra l’altro, alla Prague Biennale 4 (2009), al Castello Sforzesco di Milano (2010) e alla Mulhouse Biennal of contemporary art 9 (2010). Vive e lavora a Iseo.