Il ciclo espositivo Lithium 1 (Napoli) prosegue l’11 marzo con l’inaugurazione della personale di Rebecca Agnes (Pavia,1978; vive e lavora a Berlino). L’universo visuale dell’artista si è formato sulla letteratura fantascientifica “classica” che visualizza l’alieno come qualcosa di vegetale. Dall’invasione degli ultracorpi ai pomodori assassini il genere è sempre stato ricco di esseri ispirati al mondo vegetale. Questa influenza ha fatto sì che gli esseri umani, nei suoi lavori, sono un’assenza, l’unica traccia che ne rimane sono architetture fantastiche e protagonisti sono baccelli (pod), funghi, fagioli e organismi monocellulari.
In Urania, video del 2009 che dà il titolo alla mostra , tutti questi esseri sono minuscoli o invasivi, lenti nei loro movimenti oppure velocissimi nell’apparire e scomparire chissà dove. La loro vitalità richiama la nostra attenzione, un invito a considerare in modo differente il reale di cui abbiamo esperienza. La natura, che ci sembra tanto vicina, è un universo impenetrabile al nostro sguardo. Come noi stessi siamo “universi” indipendenti l’uno dall’altro, coerenti con le nostre regole interne, ma non necessariamente aperti verso l’altro o capaci di comunicare con esso. Quello che vediamo, quello che ricordiamo, quello che è documentato è per noi reale. Allo stesso tempo la realtà sfugge a queste limitazioni, perché esistono cose che neanche riusciamo a immaginare. E accadono in ogni istante miriadi di eventi senza che ce ne accorgiamo. Questo non può, in assoluto, togliere valore a questi accadimenti, però è come se non fossero mai avvenuti perché non permangono tracce sensibili.
(cit.“Per trovare gli alieni, non è necessario esplorare lo spazio alla ricerca di altri pianeti, andare lontano e perdersi fra le stelle. A volte è sufficiente interrogarsi sulla misteriosa vita dei funghi, e sperare che non si stiano preparando silenziosamente a conquistare la Terra.”)
La videoanimazione in 2D The Big Bean that landed on Earth (2008) ha come protagonista il grande fagiolo caduto sulla terra. Lo sfondo dell’animazione è prima una landa desolata, primordiale, arida e rocciosa, che attraversa una glaciazione e trionfa poi di vegetazione. Vi compaiono prima insediamenti poi strade e costruzioni in armonia o in conflitto con la natura circostante. Un alternarsi di artificiale e vegetale, scandito dal passaggio di nubi che si muovono da destra a sinistra dell’immagine in cui Il fagiolo è completamente autonomo rispetto a quello che accade intorno a lui. Vive e cresce per 12 “quadri”. Un ciclo al termine del quale sul suolo vi è deposto un bacello. Dopo un attimo di immobilità il movimento delle nuvole cambia direzione, da sinistra verso destra, come se si riavvolgesse un nastro, rewind. La storia si ripercorre al contrario per tornare alla prima immagine. Ma non è un riavvolgimento meccanico, le nuvole tornano da dove sono apparse, ma percorrendo una strada differente. Come la memoria, che rivolta al passato non riporta gli eventi in modo obbiettivo, può avvicinarsi nel tentativo di raccontare un evento, lo modifica, anche se impercettibilmente, creandone uno nuovo.
(cit.“E’ cresciuto, si è innalzato lentamente fra le nuvole. Così lento che è stato impossibile percepirne il movimento. Così inconcepibilmente enorme che nessuno è riuscito a catturarne la forma. Il grande fagiolo è abbandonato a se stesso. Troppo grosso, troppo lento, come invisibile. E’ muto perché non ha storia, o meglio, non ha nessuno che la racconti in sua vece. “)