Si parla tanto di fiere dell’arte italiane mal organizzate e si decantano le imprese delle altre manifestazioni all’estero, con la certezza di trovare oltre confine professionisti più preparati, strutture più agibili e stand pieni di opere seminali. Questa volta però da Artinfo ci giunge notizia di una fiera all’estero che ha lasciato vagamente confusi non pochi addetti del settore. Stiamo parlando di Verge Art Brooklyn, manifestazione di mercato tenutasi dal 3 al 6 marzo in quel di New York.
Verge è una fiera dedicata all’arte emergente, anzi l’unica piattaforma di mercato newyorchese dedita ai nuovi talenti. Dette così le cose sembrano alquanto interessanti ma le news ci parlano di un mezzo disastro. La pianta della fiera ad esempio è apparsa caotica e dispersiva con molti stand assenti dalla lista ed eventi collaterali passati in cavalleria: “Ci sono stati parecchi problemi di organizzazione” ha dichiarato in merito Ryan Thomas della galleria Cue Art Foundation. Lo stesso Thomas ha definito Verge: “sempre meglio di Affordable Art Fair New York” progetto visto anche in Italia ed accolto da critiche abbastanza freddine. Ma screditando la concorrenza non si guadagnano di certo punteggi più alti. In compenso Verge ha offerto numerose opere a cifre per così dire abbordabili, si parla infatti di numeri al di sotto dei 1000 dollari. Molti hanno però definito Verge come una fiera dove si vedono opere ironiche e divertenti ma non esattamente quello che ci si aspetterebbe ad una fiera di arte contemporanea.
Insomma queste fiere per l’arte emergente o comunque low cost dovrebbero essere un poco più meditate. Purtroppo l’arte contemporanea non è solo un’espressione culturale ma anche un vero e proprio comportamento e questo comportamento include atti di esclusivismo estremo. In genere ciò che costa poco non può esser considerato come “desiderabile” per un certo target di collezionisti. Ovviamente in questo siamo spesso noi addetti del settore a calcare troppo la mano.