Osservando il lavoro di Enrico Piras (Cagliari, 1987), possiamo riscontrare in primo luogo un’attitudine processuale. Tale attitudine è orientata all’individuazione di toponimi di senso a cui l’uso ordinario ha sottratto la referenzialità. L’artista usa differenti medium, dall’approccio individuale e pittorico all’appropriazione di immagini e documenti che, assemblandosi, generano nuove forme possibili. Tali forme però sono aperte ad accogliere suggestioni varie, si attivano attraverso l’esperienza soggettiva e non prevedono un unico risultato.
In Cabinet de souvenirs questo processo è particolarmente manifesto. Il souvenirs è il feticcio per eccellenza. Esso assume su di sè l’accezione della memoria, attraverso esso è possibile tracciare la mappa di una individualità storica, geografica, sensibile. L’opera si configura come agglomerato di oggetti, per lo più dal carattere naif, Piras se ne serve per costruire identità fittizie, per mostrare ciò che altrimenti sarebbe impossibile dire, mostrare un’attitudine appunto.Dunque il cuore della ricerca di Piras non sta meramente in un’analisi sulle dinamiche di svuotamento del senso ma piuttosto in un’analisi dei processi di ridefinizione ad esso correlati ed in particolare a come questi processi contengano in sé l’esperibilità del soggetto. Piras si focalizza sulle immagini, sul lato manifesto di un dato. Mostrando fotografie d’epoca, spezzoni tratti da documentari, facilmente reperibili su youtube, l’artista ci suggerisce come il nostro modo di fruire sia capace di dar vita ad immaginari liberi, lontani da una presa diretta con la realtà che li ha generati.
In Exotic exercises l’immaginario è quello esotico appunto. Una serie di fotografie realizzate in villaggi africani di cui sfoggia usi e costumi. Ma la presenza della bambina in rosso, che emula gesti e simbologie, abbigliata in maniera evidentemente occidentale, dimostra che siamo in presenza di qualcosa di diverso. Del resto se rimandiamo all’etimologia del termine “esotico” inteso come “fuori da” ci rendiamo facilmente conto di come tale accezione si riferisca piuttosto a una nostra proiezione nei confronti dell’alterità. Non a caso un simile modo di concepire è sfociato, in taluni casi, in dinamiche espressamente razziste.
“Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati “. (Ludwig Wittgenstein)
In ultima analisi, la ricerca artistica di Piras non è enunciabile tanto attraverso tematiche ricorrenti o tecniche impigate, quanto piuttosto nella metodologia di costruzione creativa, una metodologia che, proprio per la sua natura eclettica, lascia aperto il campo alle interpretazioni e in tal modo può essere compresa solo attraverso la sensibilità personale.