Nel corso di questi due anni ho scritto numerosi articoli su Ai Weiwei e sulle sue assurde vicende con il governo cinese. Ho anche parlato di questo coraggioso artista all’interno del mio libro Oltre ogni limite, ponendo l’accento sulle sue battagliere azioni con il collettivo The Stars prima e le successive lotte in solitaria, prima fra tutte quella per portare alla luce alcune scomode verità sul terremoto del Sichuan, avvenuto in Cina il 12 maggio 2008.
Ho quindi imparato ad amare il talento e lo spirito umanitario di questo grande artista ed ho cercato di trasmettere questa passione agli altri, ai miei lettori, illustrando le nefandezze di una nazione troppo spesso dipinta come il paradiso degli artisti. Ebbene, la Cina non è terra per artisti e non importa quanto fiorenti siano i suoi mercati dell’arte, nella grande nazione asiatica i diritti umani vengono sistematicamente calpestati e questo basta a fotografare l’identità di un governo, di una serie di istituzioni malevole e reazionarie. Ai Weiwei è stato arrestato, portato chissà dove, il suo studio è stato perquisito ed i suoi hard disks sono stati confiscati. Sua moglie è stata da poco rilasciata ma del coraggioso artista non si sa più nulla da giorni. L’intera faccenda ha scatenato le ire degli U.S.A. e delle associazioni per la difesa dei diritti umani. Obama ha intimato al governo cinese di rilasciare Weiwei immediatamente.
Tutto questo in Cina succede ogni giorno, gli artisti scompaiono, vengono malmenati dalla polizia, le loro case vengono messe a soqquadro. Ma non si tratta di artisti famosi, del loro destino non importa a nessuno. Ed allora ecco che ancora una volta Weiwei può divenire l’icona della rivolta, il casus belli capace di far luce su centinaia di situazioni inaccettabili. La scrivente attende, assieme al mondo intero, una risposta da parte del governo cinese. Perché tutto questo non può essere vero, non nel mondo della creatività, non nel 2011, non in una Cina che si autoproclama ogni giorno simbolo del progresso.
Micol Di Veroli