Attenzione, segue dialogo fittizio ma molto probabile:
“Ed il vernissage al museo quando lo facciamo, di Giovedì come di consueto? No meglio il venerdi, anzi meglio il sabato. Anzi no scusate, facciamolo di martedì che fa più radical chic. E poi fatemi il piacere di non chiamarlo vernissage ma opening. Potremmo anche organizzare una sorta di brunch e magari piazzarlo all’interno di una preview per collezionisti e giornalisti.
Poi verso la primavera organizziamo un appuntamento con aperitivo e musica electro, così vengono i giovani. Una bella situazione tipo discoteca avant-garde così facciamo 4000 presenze in un sol colpo e quando mandiamo i comunicati stampa possiamo dichiarare di esser l’istituzione con più visitatori in assoluto. Per quanto riguarda la stagione espositiva si potrebbero comprare un paio di pacchetti già confezionati all’estero, magari retrospettive di artisti storici italiani, per il resto rimpastiamo la collezione permanente e cediamo gli spazi a due artisti da televendita per abbattere i costi e proporre qualcosa, tanto ci sono un mare di artisti della domenica disposti a spendere a go-go pur di esporre in un museo.
Ah, non dimentichiamoci che poi bisogna dar spazio al premio di quella fondazione che ci finanzia, e si potrebbe organizzare in seguito una mostra personale all’artista-pupillo della fondazione. Dopo.. fammi pensare, coi finanziamenti dello stato acquistiamo qualche opera per la collezione, gli artisti devono essere rappresentati da quelle gallerie amiche nostre, una mano lava l’altra. Ah, possiamo sempre aggiungere in corsa altri piccoli eventi legati all’architettura e al design o cose sullo stesso genere. Così anche quest’anno abbiamo risolto. Tanto di far mostre per il pubblico a noi non interessa.”
Se anche i vertici del museo di arte contemporanea della tua città si comportano in questa maniera è giunto il momento di disertare l’istituzione e cominciar a pensare che l’arte contemporanea ha molto altro da offrire ai suoi finanziatori, vale a dire noi.
Micol Di Veroli