Il 7 maggio la Collezione Maramotti di Reggio Emilia inaugura un nuovo progetto. Arte essenziale non è una mostra di gruppo né una mostra a tema. Suo intento è riunire un insieme di artisti – quasi tutti coetanei – che nel panorama dell’arte contemporanea degli ultimi dieci anni hanno tracciato una linea poetica comune, pur non dando vita alla costituzione di un gruppo.
Federico Ferrari (1969) ha enucleato e articolato questa poetica cercando, attraverso la definizione di ‘Arte essenziale’, di indicare per l’appunto una sensibilità condivisa che, al di là delle differenze di stile, di materiali e di pratiche compositive, lascia percepire l’apparizione di un’inedita e, allo stesso tempo, immemorabile attenzione alla genesi del gesto artistico, secondo una modalità radicale ed essenziale. Arte essenziale mostra esattamente questa spoliazione del fare artistico che si spinge fino al proprio gesto iniziale, alla nudità stessa dell’apparire dell’opera e del mondo.
Ognuno degli otto artisti chiamati a partecipare a questa mostra lascia apparire, così come Ferrari nel suo testo inaugurale, una modalità differente di questo approccio, sottolineando il diverso sentire di un’arte alla ricerca della sua essenza. Così le grandi superfici a terra o sospese di Karla Black (1972), gravide di una nuova cosmesi del mondo (le carte impregnate di prodotti di bellezza), fanno da contrappunto alla cosmogonia demiurgica di una materia, quasi implosa su se stessa, delle opere di Gianni Caravaggio (1968).
La geometrica e progettuale incandescenza delle opere artistico-architettoniche di Ian Kiaer (1971) entrano in crisi, in una crisi proficua, a fianco delle opere primarie e immediate di Thea Djordjadze (1971). Così come le storie di Helen Mirra (1970), vissute e depositate nelle tracce di un cammino senza fine, risuonano con la fragilità, la grazia e l’inquieta instabilità delle sculture di Alice Cattaneo (1976). E, infine, le materie inorganiche e organiche di Francesco Gennari (1973), in cui la morte si confonde con il nascere di nuova vita, mostrano inedite consonanze con l’intima e poetica opera di Jason Dodge (1969) alla ricerca di un filo che tessa una nuova storia nella quotidianità dell’esistenza.
Il percorso della mostra si delinea come un’esperienza attraverso questa molteplicità di approcci, concreti e poetici, alla vita quotidiana, all’aspetto più essenziale di ciò che ci accade – ad ognuno e a tutti – ogni giorno dell’esistenza. Non è certo un caso che tutti questi artisti concepiscano il proprio gesto prevalentemente nella tridimensionalità, in una concretezza della materia, in una vita alla mano che oppone una resistenza ad ogni teoria e ad ogni fuga nella virtualità per aprirsi, invece, al senso di una esistenza che è nelle cose, nel tempo, per il tempo e con il tempo. Arte essenziale è un gesto inaugurale, affidato a una generazione di artisti e intellettuali che – rifiutando tanto la violenza avanguardista del tabula rasa quanto l’estenuante epigonalità di un postmoderno che si riproduce identico in ogni luogo e in ogni momento, secondo le leggi del mercato e del marketing culturale – pone l’esigenza di un nuovo percorso etico e di libertà nel mondo e nell’arte.