Dal 21 maggio al 7 agosto 2011 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta LIVE! L’arte incontra il rock. La mostra curata da Luca Beatrice e Marco Bazzini racconta attraverso un suggestivo punto di vista come la storia dell’arte contemporanea e la storia del rock siano andate di pari passo contribuendo alla costruzione dell’universo culturale degli ultimi quarant’anni.
Arti visive e musica, che nel tempo si sono incrociate e sovrapposte dando vita a un panorama coerente e unitario, sono infatti accomunate nella dimensione della performance che di volta in volta assume i contorni di una mostra o di un concerto. LIVE! propone una lettura parallela e originale di alcuni di questi grandi eventi attraverso l’esposizione di dipinti, sculture, installazioni, videoclip, artworks, LP, opere grafiche, fotografie, riviste e film. Il percorso parte dal 1969, anno dell’ultima storica esibizione live dei Beatles “Welcome to the Show!” sul tetto della casa discografica Apple. E’ l’anno di Woodstock, del Flower Power, della diffusione delle utopie e della loro stessa caduta resa evidente dal concerto dei Rolling Stones a Altamont, finito in tragedia con la morte di quattro ragazzi.
Nello stesso anno Harald Szeemann cura When Attitudes Become Form la prima importante mostra che apre universalmente le nuove frontiere dell’arte contemporanea. Gli artisti sono chiamati, nello spirito dell’epoca, a esprimersi secondo la propria sensibilità proponendo idee piuttosto che opere: come nei concerti durante i quali non si assiste a una semplice esecuzione di brani ma a un’esibizione irripetibile dell’eccentricità dei musicisti.
Nel 1972 i Pink Floyd scelgono l’anfiteatro romano a Pompei per un concerto a porte chiuse che denuncia la volontà di rimpossessarsi di una natura lontana per invaderla pacificamente con la propria creatività, quello che fa Robert Smithson due anni prima con la sua Spiral Jetty, opera simbolo della Land Art resa nota dalle fotografie di Gianfranco Gorgoni.
Ma i Settanta sono anche gli anni della nascita e della morte di Ziggy Stardust, l’emblema della rockstar, un “cantante rock di plastica” come lo definiva il suo creatore/attore David Bowie, allo stesso tempo metafora dell’uomo contemporaneo con tutte le sue insicurezze e le sue fragilità. Nel 1973 Achille Bonito Oliva organizza la mostra Contemporanea, dove decade definitivamente l’idea di genere, ed invita tra gli altri Urs Lüthi, che lavora sul proprio corpo in modo non lontano da come opera David Bowie: tra performance artistica e rappresentazione teatrale.
Nello stesso periodo si registrano anche le sperimentazioni elettroniche di artisti come Nam June Paik che appare in un video mentre suona con Joseph Beyus, segno di una contaminazione tra generi diversi: il rock non è più il solo protagonista della scena.
Alla fine degli anni Settanta con il Punk i Sex Pistols dimostrano che non è necessario saper suonare per essere star: ragazzi di tutto il mondo restano affascinati dalla “sporcizia e dalla follia” del prodotto di Malcom McLaren, poco importa l’abilità tecnica, cosi come nell’estetica “taglia e incolla” delle grafiche di Jamie Reid. Allo stesso modo alla pittura non è più chiesto di essere studio e ricerca di bellezza, ma può diventare anche una “Bad Painting”. La mostra omonima ospitata nel 1978 al New Museum di New York vede esposti i lavori di artisti che rifiutano le regole della prospettiva, usano colori chiassosi e una tecnica dilettantesca come nelle opere di William Wegman.
Negli anni Ottanta si diffonde una nuova voglia di leggerezza e un edonismo che trova nella pittura figurativa un suo sbocco naturale. Qui l’Italia è davvero protagonista. Con Aperto ’80, la sezione della Biennale di Venezia riservata ai giovani artisti, si afferma la Transavanguardia che vede tra i suoi protagonisti Sandro Chia e Nicola De Maria, presenti anche in “Live!”
Sono gli anni del postmodernismo in architettura, del tendone circense di Renato Zero e quelli nei quali tornano finalmente a suonare in Italia i “big” stranieri, prima tra tutti Patti Smith: tocca a lei, già nel 1979, rompere il silenzio imposto dagli anni della paura del terrorismo con due storici concerti a Bologna e Firenze. Anche Bob Marley si esibirà in Italia, allo Stadio San Siro, in uno dei suoi ultimi concerti.
Si diffonde un nuovo ottimismo e si afferma il “Made in Italy” che coinvolge i più diversi campi: dall’apertura dello storico negozio milanese di Fiorucci al design firmato da Alessandro Mendini.
A New York nello stesso periodo diventano famosi come vere rock star artisti del calibro di Jean-Michel Basquiat e Keith Haring. Simbolo del rapporto arte – musica è la relazione tra Basquiat e Madonna che con i suoi concerti fa il giro del mondo anche grazie all’impulso dato da MTV che proprio nel 1981 comincia le sue trasmissioni e introduce una vera e propria estetica del videoclip che cambierà per sempre il modo di usufruire il prodotto “musica”.
Intorno alla fine degli anni Ottanta il mondo “occidentale” si apre a culture diverse come quella africana che vede in campo musicale il concerto di Paul Simon in Zimbabwe e in quello artistico la mostra Les Magiciens de la Terre (1989) organizzata al Centre Georges Pompidou con l’esposizione, tra le altre, dei dipinti di Chéri Samba.
Ma è anche la cronaca a diventare protagonista: la caduta del muro di Berlino viene rappresentata nello storico The Wall dei Pink Floyd e, tra le altre, nelle opere dell’artista russo Leonid Sokov.
Gli anni Novanta sono aperti da Vasco Rossi che nel concerto allo Stadio di Milano interpreta una nuova intimità che chiude “tutto il mondo fuori”, una dichiarazione che tradisce un nuovo mood che in arte assume le forme delle opere “minimaliste” di artisti come Stefano Arienti invitato alla mostra Una scena emergente al Centro Pecci nel 1991.
Comincia anche il periodo degli unplugged, il più importante è quello dei Nirvana nel 1993, della musica colta di Bjork, che si troverà a collaborare con l’artista Matthew Barney, del Brit Pop che riscopre il club e si lega strettamente alla nuova scena artistica inglese degli Young British Artist, Damien Hirst in testa, portati alla ribalta dalla mostra Sensation nel 1996.
Il percorso della mostra si chiude con un interrogativo: negli anni Duemila ha ancora senso parlare di rock star? E senza la rock star può esistere ancora il concerto inteso come evento?
Se un dubbio lo pongono i Gorillaz di Damon Albarn, la band costituita da quattro personaggi animati disegnati da Jamie Hewlett, la risposta sembra arrivare come un testamento dal Michael Jackson. Nel 2009, dopo la sua morte, il re del Pop ci lascia la suggestione di un atto incompiuto: This is It, l’ultimo concerto, lo spettacolo che non c’è stato e che mai ci sarà, simbolo della fine di un ipotetico percorso attraverso la storia della nostra cultura.