Avete mai pensato che anche la pubblicità potrebbe trasformarsi in arte contemporanea? Beh siamo certi che molti puristi a sentir queste parole storceranno la bocca. Eppure nel corso della storia, l’arte contemporanea ha più volte incrociato (o per meglio dire sfruttato ed evidenziato le ossessioni de) le meccaniche pubblicitarie per giungere al fruitore con inalterata potenza creativa. L’Independent Group capitanato da Eduardo Paolozzi e Richard Hamilton ad esempio, ha di fatto anticipato le ricerche Pop, utilizzando soggetti presi in prestito dalla cultura dei mass media.
Inutile poi citare gli universalmente celebri décollage di Mimmo Rotella che con la pubblicità ed i suoi manifesti strinse un rapporto indissolubile. Ma il mondo della pubblicità e dei grandi brands è stato anche il motore centrale della Pictures Generation, basti citare i cowboy della Marlboro di Richard Prince ed il leone ruggente del video Metro-Goldwyn-Mayer di Jack Goldstein, opera in loop che mostra il brand della nota casa di produzione cinematografica come metafora assoluta del potere dei media.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che uno dei più importanti esponenti delle avanguardie video, vale a dire Len Lye, compose due opere storiche tra il 1936 ed il 1938 (Rainbow Dance ed un capolavoro astratto dal titolo Color Fight) che gli furono commissionate rispettivamente da una Banca e da una compagnia aerea come pubblicità da mostrare durante gli spettacoli al cinematografo. Anche Oskar Fischinger, altro storico maestro dell’immagine in movimento, compose numerose pellicole pubblicitarie.
Per avvicinarci alla creatività dei giorni nostri, possiamo invece citare gli ironici e polemici manifesti delle Guerrilla Girls caratterizzati da slogan pubblicitari oggettivati a mostrare al pubblico lo strapotere opprimente della creatività maschile su quella femminile all’interno delle politiche del sistema dell’arte contemporanea. Anche artisti come Patrick Mimran hanno spesso usato il classico billboard pubblicitario, tappezzando strade e sottopassaggi con slogan sarcastici sulla fruizione e sulla produzione dell’opera d’arte. Insomma, il rapporto tra arte contemporanea e pubblicità non è così raro e spregevole. Quello che conta è l’approccio critico ad una forma di comunicazione che ha praticamente monopolizzato l’attenzione dell’uomo moderno.