FREE AI WEIWEI. Il grido di battaglia che da diverso tempo anche noi di Globartmag intoniamo incessantemente è rimbalzato anche alla Biennale di Venezia. Migliaia di shoppers rossi in distribuzione ai Giardini recano la disperata scritta e portandoli in giro i visitatori possono mostrare al mondo intero le ignobili efferatezze di un regime che forse non è ancora entrato in sintonia con lo spirito della Biennale. Il presidente della kermesse, Paolo Baratta ha scritto una lettera all’ambasciatore cinese per avere notizie sul povero artista ed attendiamo fiduciosi una risposta.
Intanto il contatore presente sul blog I Love Weiwei ci ricorda fatalmente che nel momento stesso in cui questo articolo va in onda sulle nostre pagine elettroniche, Weiwei manca all’appello da 61 giorni. Oltre 1460 ore vissute in una prigionia di cui si sa poco o nulla, questo vorremmo ribadirlo a chiare lettere. Come se tutto questo non bastasse, nei giorni scorsi a Pechino si è verificato un ennesimo atto di oscurantismo. Due artisti, Ling Bing e Fei Xiaosheng, hanno pensato bene di utilizzare una mostra di fotografia da loro organizzata al CCD300 Modern Art and Design Center per mettere in atto una sorta di protesta artistica dedicata a Weiwei. I due artisti hanno infatti piazzato un’etichetta recante il nome del celebre protagonista dell’arte contemporanea internazionale su di un muro bianco, in mezzo alle altre opere.
Un gesto simbolico che non è piaciuto affatto alla polizia che ha subito arrestato i due artisti per sottoporli ad interrogatorio, come di consueto verrebbe da dire. La mostra è rimasta aperta al pubblico ma tutte le opere sono state tolte dalle mura. Torniamo quindi a dire che il caso Ai Weiwei è solamente il picco dell’iceberg di una politica oscurantista lungi dal desistere dai suoi efferati intenti. Il bello è che attualmente la nazione cinese partecipa a quella che dovrebbe essere una manifestazione con l’obiettivo di unire i popoli mediante l’universalità dell’arte.