(…) Mi avete lasciata che seguivo la folla in quella che è chiamata “la via principale”(per rileggere la prima parte ecco il link), che effettivamente, pur essendo costituita da mille vie, viottole, ponti e feritoie risponde al concetto di strada maestra e per per qualche strano motivo mentre la percorri ti sembra davvero di andare sempre dritto.
Arrivammo così al bel ponte di Rialto, brulicante di turisti in posa per la fotografia di rito e con tutte le casette che ornano il ponte chiuse, che peccato. Nel piano geniale che avevo studiato a casa il mio obiettivo era raggiungere l’isola di San Giorgio perché secondo Google Map proprio li si ubicava la sede di Tethis, fantomatica azienda ospitante la mostra Round the clock. Poco importa se Silvia Vendramel, artista presente in mostra, mi aveva anche scritto la fermata giusta del battello e io avevo anche sorriso al pensiero di dover scendere a Bacini, che evidentemente non è S. Giorgio. Io testarda ho dato ragione a Google Map e alla sua bandierina trionfante sulla sede di Tethis.
Per questo motivo a Rialto prendemmo il battello, quello lentissimo, linea 1, che si ferma ogni minuto percorrendo a zig-zag tutto il Canal Grande. Spettacolo magnifico con tutti quei palazzi a picco sull’acqua ognuno col proprio splendente striscione per pubblicizzare la mostra in corso e i moliccioli traballanti e l’invidia per quelli in taxi che ci superavano. Giacché son fortunata il vaporetto ci scarico a San Marco, da li tornava indietro e San Giorgio sarebbe stata la penultima fermata della sua corsa, era forse possibile che non ci fosse una nave che facesse il giro inverso? Stavo per scoraggiarmi, avendo superato un numero indefinito di fermate, tutte sotto il nome San Marco, quando finalmente trovai quella giusta. Erano le sei, ero nervosa perché in scontato ritardo sul piano di marcia.
Sbarcammo sull’isola come novelli Cristoforo Colombo e della mostra nemmeno l’ombra. Sarà dietro l’angolo, no?
Fermiamoci un attimo, c’è la splendida chiesa del Palladio con l’opera di Anish Kapoor, un fuori programma di tutto rispetto! La chiesa è quella a cui hanno tolto i Tintoretto per metterli in Biennale, al loro posto l’indiano Anish ha allestito una struttura fredda e imponente: all’incrocio delle navate una sorta di altare rotondo, in cima sopra di esso un aspiratore industriale. Agli angoli quattro torri altissime di ventilatori. Tutto ciò per l’opera Ascension, titolo evocativo e autoesplicativo, dovrebbe riassumersi come una colonna di fumo che sale fino in cima. Qui una foto di come dovrebbe apparire l’opera.
Dico dovrebbe perché come sempre l’artista ha inserito un elemento temporale per cui la colonna di fumo è un evento da attendere e la maggior parte dei poco paziente vedranno solo uno sbuffo bianco informe.
Non avendo tempo da perdere decidemmo di cercare la mostra per cui eravamo li, per fortuna l’isola è piccola perché abbiamo rischiato di imbucarci ad una festa privata di un circolo velistico, abbiamo incrociato la mitica coppia di Turisti per Caso (Blady-Roversi), ma della sede Tethis nessuna traccia.
Sconfortati siamo tornati in chiesa un attimo e, magra consolazione, abbiamo ammirato l’ascensione, tanto bella concettualmente, tanto poco scenografica ambientata qui dove la luce e i muri di marmo chiaro non permettono il formarsi di un’immagine definita. Questo è il meglio che ho potuto fotografare.
Scoraggiati e stanchi di quel giro a vuoto decidemmo che era giunto il momento per godere di un evento modano e ristoratore. Alla prossima puntata ci vediamo al Caffè Florian in piazza San Marco. (Continua…)
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