L’artista William Powhida, divenuto celebre per aver creato lo scorso anno una vignetta che illustrava i vari conflitti d’interesse tra curatori, galleristi ed artisti del New Museum di New York, è da poco tornato alla carica con una dei suoi piccanti interventi artistici. Questa volta Powhida ha creato un disegno dove elenca le cose giuste del mondo dell’arte contemporanea ma anche i comportamenti decisamente sbagliati che contribuiscono a creare una decisa spaccatura tra gli amanti dell’arte duri e puri e la scena internazionale. Ecco cosa c’è di giusto (sempre secondo Powhida) nel mondo della creatività:
– Esistono persone veramente spettacolari che creano arte
– Alcune di queste persone creano opere veramente spettacolari
– vedere l’arte e le idee accessibili al grande pubblico
– Anche se si tratta di spettacolo popolari o di mode del momento
– andare entrare nei nuovi musei creati da star dell’architettura
– Donare arte per dare supporto a spazi no profit
– E’ giusto vedere le gallerie commerciali che supportano e pagano i loro artisti
– Collezionisti con una conoscenza e una passione per l’arte
– Collezionisti le cui scelte riflettono le loro individualità
– Critici retribuiti con un giusto punto di vista
– Bloggers coscienziosi che scrivono più di 350 parole
– Interessanti collaborazioni tra artisti
– La comunità dell’arte che protesta contro la censura
Ecco invece cosa secondo Powhida non è giusto:
– Una tonnellata di deficienti che tentano di fare arte
– Alcuni di loro riesce anche a vendere m**da agli idioti
– Eli Broad che controlla i musei con i soldi
– Vedere i musei che si vendono l’anima per qualche nuova creazione di un archistar
– Le gallerie che ignorano i propri artisti
– Gli speculatori e gli arrampicatori sociali che comprano opere di m**da
– I giornalisti mercenari che scrivono tutto quello che il loro editore dice
– Le assurde collaborazioni tra celebrità dell’arte
– I “democratici” che ignorano e censurano la comunità dell’arte
– Le rigide divisioni sociali e le gerarchie di classe
– Il “buco nero” del successo relativo e la costante voglia di apparire