CRAA, PAC, PAN, MAN, MART. Se questa piccola lista vi sembra un naturale prolungamento dello Zang Tumb Tumb del Filippo Tommaso Martinetti, possiamo solamente aggiungere che vi siete sbagliati di poco, visto che sempre di arte stiamo parlando. Queste cacofoniche sigle da fumetto si riferiscono infatti (come molti di voi ben sapranno) ai tanti musei e centri per l’arte contemporanea sparsi per l’Italia. Tanti poli culturali ed altrettanti dissimili regolamenti interni che sono per forza di cose subordinati alle varie tipologie di museo.
Ci sono infatti i musei regionali, quelli provinciali, le fondazioni, i musei civici e chi più ne ha più ne metta. Ognuno di questi organismi deve rendere conto ad una diversa amministrazione pubblica che ne stabilisce i regolamenti e stanzia i fondi per la sussistenza stessa dello spazio. Tanto per fare un esempio pratico i Musei regionali sono gestiti più o meno direttamente dall’Assessorato regionale dei Beni culturali. Ovviamente non esiste un regolamento comune ed ogni regione o ogni provincia del caso decide autonomamente. Parlando di direzione dello spazio, se in determinati musei italiani (pochissimi a dire il vero) il direttore viene scelto tramite un concorso pubblico, in altri viene selezionato tramite una chiamata nominativa a discrezione della pubblica amministrazione. Alcuni Musei hanno addirittura un regolamento che prevede la nomina interna alla pubblica amministrazione di un direttore a vita. Insomma difficile mettere ordine in questo vero e proprio caos ne consegue che in tale giungla, dove un direttore può saltare ad ogni cambio di giunta, è quasi impossibile stabilire una programmazione a lungo termine ne tanto meno presentare un progetto adeguato.
Si finisce con il barcamenarsi tra fondi bloccati ed eventi che devono essere approvati dalle amministrazioni prima che il pubblico li possa ammirare. In tutto ciò c’è anche il pericolo che qualche politico di turno possa imporre un determinato artista al direttore in carica. Per evitare tutto questo basterebbe adottare un regolamento condivisibile da tutti gli spazi museali d’Italia e dalle amministrazioni pubbliche e soprattutto bisognerebbe in qualche modo “svincolare” i direttori dai meccanismi burocratici. Continuiamo a sperare in un futuro migliore.
Micol Di Veroli