Cinquanta anni fa nasceva il gruppo Fluxus che, con le sue sperimentazioni, voleva eludere il confine tra artisticità ed esperienza vissuta. Uno dei suoi esponenti più significativi fu il coreano Nam June Paik.
Quello che forse non tutti sanno è che a Yongin, vicino Seoul, ha sede il Nam June Paik Art Center nato con l’intento di consevare l’eredità del celeberrimo artista e di analizzare come la sua esperienza sia ancora determinante nel panorama artistico contemporaneo.
A tale scopo dal 20 luglio al 13 settembre si svolgerà presso il centro il NJP Summer Festival, intitolato nella sua edizione attuale 21 Rooms for Nam June Paik’s 79th birthday.
Symphony for 20 Rooms è il titolo di una delle opere di Paik del 1961; definita una “score composition” laddove la locuzione sta ad indicare, nell’ambito dell’esperienza fluxus, un’azione parzialmente programmata che si configura però come pronta ad accogliere l’imprevedibilità dell’intervento del pubblico, il principio alla base dell’Happening.
Il festival dunque nasce dall’intento di mostrare come tale principio venga tuttora largamente impiegato dagli artisti contemporanei seppur in relazione a media sempre più sofisticati pur conservando però quella fluidità di linguaggi che caratterizzava il gruppo di Paik e compagni.
I linguaggi messi in gioco sono molteplici, dall’installazione, al video, alla danza, al sonoro e numerosi sono gli artisti chiamati in causa.
Ujino presenta The Rotators, una delle sue installazioni in cui attraverso oggetti d’uso comune, in questo caso un’automobile, realizza strumentazioni sonore complesse di cui si serve per le sue performance. Heekuyung Cho con la sua Wind dance utilizza il linguaggio corporeo per emulare elementi naturali quali onde, alberi e uccelli, Atusuhiro Ito si cimenta in performance in cui noise e luci fluorescenti scaturiscono da un apparecchio di sua invenzione: l’Optrom, Hyun – Suk Seo immerge l’osservatore nella sua opera site specific Destre Path, una passeggiata in una foresta oscura e misteriosa, Chang Sun Koh realizza strumenti musicali che possono essere suonati da più persone contemporaneamente. Il duo Pors&Rao presenta un’installazione sonora, PYGMIES, in cui lo spettatore deve partecipare attivamente con la sua concentrazione se vuole cogliere l’apparizione fugace dei pigmei.
Interessanti anche Protopixel HARDcade del gruppo VjVISUALOOP, un video interattivo realizzato con un software di gioco a 8 bit e Moori di Bubblyfish, azione in cui le immagini possono essere convertite tramite messaggi inviati dai cellulari degli spettatori.
A questi si aggiungono i video lavori di Richi Owaki, Yang Ah Ham, Yoonseong e tante altre esperienze che prevedono l’interazione del pubblico.
Se da un lato dunque il festival ci mostra quanto un simile approccio artistico sia ancora largamente diffuso, dall’altro ce ne spiega anche il perché: tale “fenomenologia” ben si presta all’interazione tecnologica, mettendo lo spettatore in condizione di essere artefice e non spettatore passivo del progresso, ci restituisce una chiave di lettura più ottimista per un futuro in cui la tecnologia possa accompagnare e non sovrastare l’individuo.